In Sicilia i precari sono circa 24 mila, ed esattamente 18.550 lavoratori precari degli Enti locali, 5.800 ASU e 2200 precari ASP. A questi si aggiungono poi, solo per le provincie di Enna e Caltanissetta, i 1400 ex r.m.i., oggi cantieri di servizio. Una buona parte di questi lavoratori si trovano in provincia di Enna che da alcuni anni è stata presa di mira dal governo nazionale e regionale per desertificarla sempre di più, vedi tutti i tagli pubblici come ospedale, tribunale ecc.Il presidente Regalbuto lamenta il fatto che il processo di stabilizzazione dei precari non è mai partito, lamenta inoltre di trovarsi in una situazione di drammatica emergenza sociale. Il punto di partenza è che la legge che a fine 2013 aveva previsto un triennio per la stabilizzazione è rimasta lettera morta. E in queste condizioni fra la fine del 2015 e soprattutto la fine del 2016 non saranno più consentite proroghe. Le norme in vigore rendono impossibili le stabilizzazioni, bisognerebbe rispettare l’obbligo di assumere tanti dipendenti dall’esterno quanti sono i precari stabilizzati, e nessuno dei comuni o altri enti ha i soldi per raddoppiare la spesa. Bisogna restare all’interno del patto di stabilità. E in ogni caso la legge impone che i comuni debbano dirottare i pochi soldi rimasti al pagamento dei debiti con le imprese Quindi per il presidente del comitato dei precari in queste condizioni nessun comune o altro ente pubblico può assumere i precari. Il comitato dei precari nella persona del presidente Regalbuto unitamente al segretario del comitato Sebastiano Nicastro ha inviato una nota alla regione e al ministero chiedendo una proroga come quella adottata dal nazionale che consente allo stato di prorogare i precari nazionali fino al 2018, nell’attesa dell’approvazione di una legge regionale che inglobi tutti i precari, asu, ex pip, forestali ex rmi che superi il patto di stabilità«Quella del precariato è una piaga che va risanata» conclude Regalbuto «non possiamo consentire che, in un Paese civile come il nostro, sia lo stato per primo a non rispettare i diritti sacrosanti dei lavoratori».