Che cosa sarebbe il Natale barrese senza la tradizione delle Nuvere!
A livello folkloristico le novene o nuvere, tipiche non solo di Barrafranca (EN) ma anche dei paesi limitrofi, si preparano, anzi si conzano lungo le strade del paese. Appoggiati sui muri delle case, le nuvere sono dei tempietti realizzati in legno, con il tetto di canne e rivestiti di alloro. Il tutto è decorato con arance, mandarini e collane di lupini, appesi tra le foglie dell’alloro. La preparazione delle nuvere coinvolge diverse famiglie, tutte impegnante a realizzare la novena più bella. In tempi ormai lontani, simili “altarini” erano allestiti anche in casa o attorno alle figuredde delle strade. Queste “nuvere casalinghe” erano cantate da gruppi di comari che la sera si riunivano e le “cantavano” modulando lunghe filastrocche. Con gli anni le cose sono cambiate: l’ambientazione interna è stata sostituita dall’allestimento di un presepe, alcune volte realizzato con personaggi viventi; i canti sono eseguiti solo dalla banda musicale, mentre dei bimbi, accompagnati da alcuni anziani, cantano il ritornello tra un brano all’altro. Attualmente si sta cercato di ripristinare il vecchio modello di novena, proprio per tramandare ai giovani le tradizioni di una volta.
La preparazione di una nuvera segue procedure ben precise: appoggiandola al muro, si crea la base con assi di legno e canne, rivestendo il tutto con foglie di alloro. Si passa poi alla realizzazione dell’interno. Anticamente all’interno veniva creato uno sfondo con un drappo di color celeste e, con un tavolo ricoperto di tovaglie pregiate, veniva creato un altarino. Al di sopra veniva appesa un’immagine dell’Immacolata Concezione, sostituita la sera del 24 con l’immagine della Santa Famiglia. Sull’altarino erano appoggiati frutti tipici invernali come arance, melograni, mela cotogni e fichi d’india, non potevano mancare le candele e qualche volta anche degli angioletti di gesso. Al centro dell’altarino era posto un cesto ricoperto da un telo bianco, cui era legata una colomba di carta o anche vera. Il 24 sera la gente si preparava a veder nascere “u bamminu”, recandosi da una novena all’altra. Quando tutto è pronto, il filo che legata la colomba al telo bianco posto sopra il cesto dell’altarino, viena tirato scoprendo una statuetta del Bambin Gesù, mentre la musica suona a festa. Una bambina vestita da Madonnina solleva il cesto, mostrando a tutti il Bambin Gesù e inizia una piccola processione che dalla novena si snoda per alcune strade adiacenti, seguita dalla banda musicale e dai fedeli recanti in mano delle candele. Terminato il giro, si ritorna all’altarino e le persone si recano ad assistere alla nascita in un’altra novena.
Il simbolismo è antico e mescola elementi cristiani a elementi non cristiani: la novena in sé rappresenta la grotta, dove nasce il Bambino Gesù, tanto che i primi otto giorni all’interno stava appeso il quadro dell’Immacolata (Maria non aveva ancora partorito), sostituito il 24 con quello della Santa Famiglia (Gesù ormai è nato); gli angeli appoggiati sopra l’altare rappresentano “l’Annunciazione a Maria”; le candele simboleggiano la “luce divina”; l’alloro che ricopre il tempietto simboleggia il carattere regale del Bambino che, per quanto sia nato in una grotta, è pur sempre un Re e per questo diventa simbolo di gloria e infine la colomba richiama sia la purezza della Vergine Maria, sia “l’Ascensione” di Cristo al Cielo. Il richiamo a elementi precristiani si riscontra soprattutto nell’utilizzo della frutta, tipica di una società contadina, dedita a pratiche legate a divinità “ctònie”, ossia divinità legate alla terra. Basti ricordare che, prima della venuta di Cristo, in tutto l’impero Romano il 15 dicembre si svolgevano cerimonie in onore del dio Conso, dio del grano, come tantissime cerimonie si svolavano in onore della dea Cerere. La frutta come le arance, i fichi d’india, la melagrana, la mela cotogna erano i frutti che la terra offriva in inverno, per cui era normale che venissero offerti come ringraziamento alla divinità per ciò che aveva elargito. Anche l’alloro, pianta sempre verde, era molto utilizzata nei riti precristiani. Riutilizzati in senso cristiano, il loro simbolo cambia: la melagrana, simbolo di fertilità e ricchezza, con il suo interno pieno di chicchi diventa il simbolo della chiesa i cui chicchi simboleggiano tutti i cristiani; la mela cotogna, che anticamente era usata per realizzare cubetti di marmellata, ricorda l’oro che i Re Maggi portarono al Bambino; l’arancia simboleggia la fecondità e l’amore, inoltre è il frutto che, come recita una canzone natalizia barrese, l’ortolano porta in dono a Gesù; infine i “lupini”, con cui si realizzano le collane appese nella novena, rappresentano il pane dei poveri. Fino agli anni precedenti al secondo conflitto mondiale le novene iniziavano al mattino e culminavano alla sera, con la banda musicale che percorreva la “via dei Santi” dove negli incroci, limitatamente alla suddetta via, venivano conzate le novene intorno alle quali, in un’atmosfera devota ma festiva, la gente si riuniva per pregare e cantare, senza alcuna partecipazione del clero. Dopo un periodo in cui scomparvero, furono riprese alla fine degli anni ’70 con la preparazione solo nelle strade, indipendentemente dal percorso della “via dei Santi”. Pian piano andarono modificandosi: agli altarini furono sostituiti i presepi, non sono più suonate dagli zampognari (ritornati da alcuni anni), si suonavano solo la sera, ma soprattutto è scomparso lo spirito gioioso di una volta.
Rita Bevilacqua