Il 06 gennaio la Chiesa festeggia l’EPIFANIA, ossia la prima manifestazione di Cristo all’umanità e viene ricordata attraverso la visita dei Magi alla mangiatoia.
Il termine Epifania deriva dal greco “Epiphàneia”, cioè “manifestazione”, “illuminazione”, riferendosi al primo manifestarsi di Gesù ai Re Magi, dieci giorni dopo la sua nascita. In realtà una festa simile era celebrata già nella Roma antica. Dopo i Saturnali, ai primi di gennaio i romani festeggiavano i Compitali in onore dei Lari (divinità domestiche), andando sulle strade e nei crocicchi (compita), dove i Lari avevano le loro cappellette. Ogni famiglia faceva capo a una di queste cappelle e contribuiva alla celebrazione della festa con una focaccia, bambole e gomitoli di lana che erano appesi alle porte. La festa era destinata per lo più alla servitù che riceveva doni e abbondanti libagioni.
La Festa religiosa conosciuta come Epiphàneia risale al II secolo d.C. e origina in Oriente, dove ricordava il battesimo di Gesù nelle acque del Giordano per mano del Battista. Sembra che fosse celebrata dagli gnostici basiliani, che credevano che l’incarnazione di Cristo fosse avvenuta al suo battesimo, e non alla sua nascita, scegliendo questo giorno d’inizio gennaio perché tra i pagani si festeggiava il solstizio e il nuovo sole, secondo le usanze romane. In seguito la festa fu adottata anche dalle Chiese Ufficiali d’Oriente, sommando quattro elementi o date importanti nella vita del Cristo: la nascita, l’adorazione dei Magi, il battesimo e il miracolo di Cana. In quell’occasione il termine Epifania (Epiphàneia – Apparizione) che significava manifestazione della divinità, fu cambiato in “tà Epiphània ierà“, cioè “feste della manifestazione” poiché, nelle quattro tappe ricordate, Gesù aveva manifestato la sua Natura Divina oltre che umana.
Il Cristianesimo poté opporre, alla festività pagana, la nascita del Vero Sole, identificato in Cristo. Difatti, per la Chiesa di Roma, il Sol Invictus era la prova dell’identificazione tra Cristo e Apollo-Helios, proprio il dio del Sole. Epifanio di Salamina (+ 403) narra che in Egitto nella notte tra il 5/6 gennaio si celebrava la nascita del dio Sole Aion dalla vergine Kore e contemporaneamente si celebrava il culto del Nilo. I primi esempi d’iconografia cristiana, raffigurano Gesù con elementi solari, come la corona radiata che resta ancora oggi un particolare proprio degli Ostensori. La festa dell’Epifania si diffuse in Occidente attorno al IV secolo, come festa della rivelazione di Gesù al mondo pagano, rappresentato dai Magi. I Magi sono visti dalla tradizione cristiana come la ‘primitia gentium’, i primi fra i pagani ad aver riconosciuto e adorato il Signore. Dei Magi venuti dall’Oriente, ne parla il Vangelo di Matteo, mentre molte notizie si attingono dai Vangeli “apocrifi”. Basti citare il Vangelo Armeno dell’Infanzia (tradotto in armeno dal siriaco e portato in Armenia da missionari nestoriani fine VI secolo) che riporta anche i nomi, accettati poi normalmente nella tradizione. ” Un angelo del Signore si affrettò di andare al paese dei persiani per prevenire i re magi e ordinare loro di andare ad adorare il bambino appena nato. Costoro, dopo aver camminato per nove mesi avendo per guida la stella, giunsero alla meta proprio nel momento in cui Maria era appena diventata madre. E’ da sapere che in quel momento il regno persiano dominava sopra tutti i re dell’Oriente per il suo potere e le sue vittorie. I re magi erano tre fratelli: i re magi erano tre fratelli: il primo Melkon, regnava sui persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli arabi.” (Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap V par. 9, “I vangeli apocrifi”, a cura di M. Craveri, Einaudi, 1969). La tradizione li ha sempre identificati come dei sapienti che conoscevano le scienze astronomiche e che sapevano leggere gli astri in funzione di eventi importanti per la storia dell’umanità. I doni che essi portano a Gesù sono materiali tipici dell’Arabia Nabatea. L’oro indicava l’elevata posizione sociale e il potere politico di un re. L’incenso rappresentava la dignità divina di Gesù quale re messianico e sacerdote. La mirra, usata nella tradizione ebraica quale sostanza per l’inumazione dei corpi, ricordava la morte e la sepoltura del Cristo. Melkon, il primo Re, aveva mirra, aloe, mussolina, porpora, pezze di lino, e libri scritti e sigillati dalle mani di Dio. Il secondo, il Re degli Indi, Balthasar, aveva come doni in onore del bambino nardo prezioso, mirra, cannella, cinnamomo, incenso e altri profumi. Il terzo, il Re degli Arabi, Gaspar, aveva oro, argento, pietre preziose, zaffiri di gran valore e perle fini. (Vangelo dell’infanzia Armeno, Cap XI par. 3, “I vangeli apocrifi”, a cura di M. Craveri, Einaudi, 1969). Sono loro che, adorando il Bambin Gesù, ne testimoniano il suo manifestarsi all’Umanità.
A guidarli, come ci dice il Vangelo di Matteo, fu una stella. Indipendentemente che si tratti di cometa, di una congiunzione di pianeti, o tanto altro, quello che bisogna mettere in evidenza è la sua natura simbolica: la luce emanata dalla stella, in modo indiretto, rivela che Gesù è il Messia annunciato dall’Antico Testamento. È parere unanime degli esegeti che l’evangelista Matteo, con l’indicazione dell’astro, abbia implicitamente voluto indicare l’adempimento di un oracolo profetico di carattere messianico dell’Antico Testamento. Il sorgere della stella è il sorgere del Messia d’Israele, adempimento dell’oracolo di Balaam (Nm 24,17). Identificazione dell’astro con il Dio risalirebbe già al pensiero greco, che associava pianeti ed astri alle divinità.
Rita Bevilacqua