Chi non conosce il grande scrittore Leonardo Sciascia, i suoi scritti, il suo pensiero, il suo modo schietto di affrontare i temi della sua Sicilia, siano essi di natura sociale, politica o di costume. Basti ricordare il saggio “Feste religiose in Sicilia” (1965) dove fa una lucida analisi del folklore siciliano. Il suo nome resta indissolubilmente legato al romanzo “Il giorno della civetta”, dove affronta la spinosa realtà della mafia siciliana. Uomo dalle mille sfaccettature, si è dedicato, fino al 1957, all’insegnamento nelle scuole elementari e in seguito a un’intensa attività di collaborazione giornalistica. Ha collaborato con “L’ora”, “La Sicilia”, “Il Corriere della sera”, ecc. Si è occupato di politica, prima nelle file del PCI e poi come esponete del Partito Radicale. Nei suoi primi scritti, “Favole della dittatura” (1950), e soprattutto nella raccolta di poesie “La Sicilia, il suo cuore” (1952), già sono individuabili gli elementi costitutivi dello stile di Sciascia, e in particolare il ricorso a una lucida capacità di analisi su quello della realtà umana e sociale del Mezzogiorno. Riportiamo una piccola parte di quello che l’antropologo Antonino Buttitta ricorda dello scrittore siciliano: “… È stato giustamente detto che tutta l’opera di Sciascia, complessivamente considerata, è una metafora del mondo. La riflessione attenta sulle contraddizioni, le storture, le profonde ingiustizie che questo paradigma assume e denuncia, deve essere la bussola per tutti coloro che fanno esercizio dell’intelletto, per non farsi irretire in un lavoro letterario per anime belle, per praticare la scrittura come impegno civile, come strumento privilegiato al servizio dell’uomo.”
Biografia: Leonardo Sciascia nasce l’8 gennaio 1921 a Racalmuto, in provincia di Agrigento, da Pasquale Sciascia e Genoveffa Martorelli. La madre proviene da una famiglia di artigiani, il padre è contabile in una miniera di zolfo. È il maggiore di tre figli. Fin dalla sua prima adolescenza Sciascia manifesta un’autentica passione per la letteratura (Diderot, Casanova, Courier, Manzoni, Hugo) e per il cinema (fondamentale la visione del film Il fu Mattia Pascal di Marcel L’Herbier). Nel 1935 s’iscrive all’Istituto Magistrale “IX maggio” di Caltanissetta, lo stesso dove insegnava lo scrittore Vitaliano Brancati. Nel 1941 Sciascia consegue il diploma di maestro elementare. Nel 1944 sposa Maria Andronico, una collega maestra originaria di Catania. Dalla loro unione nasceranno due figlie, Laura e Anna Maria. Al 1948 risale invece la dolorosa perdita del fratello Giuseppe, impiegato in una miniera ad Assoro, morto suicida a soli venticinque anni. Nel 1949 Sciascia comincia a insegnare nelle scuole elementari di Racalmuto. Nel frattempo, inizia la collaborazione con l’editore nisseno Salvatore Sciascia, erede spirituale degli scomparsi Sandron e Giannotta. Nel 1950 pubblica le “Favole della dittatura”, nel 1952 la raccolta di poesie “La Sicilia, il suo cuore”. Nel 1953 vince il Premio Pirandello, assegnatogli dalla Regione Siciliana per il suo saggio “Pirandello e il pirandellismo”. Nell’anno scolastico 1957-1958 è assegnato al Ministero della Pubblica Istruzione a Roma e in autunno pubblica i tre racconti che vanno sotto il titolo “Gli zii di Sicilia”. Rimane a Roma un anno e al suo ritorno si stabilisce con la famiglia a Caltanissetta, assumendo un impiego in un ufficio del Patronato scolastico. Nel 1961 esce “Il giorno della civetta”. Nel 1964 pubblica il breve saggio “Morte dell’Inquisitore” e nel 1965 il saggio “Feste religiose in Sicilia“, che fa da cornice alla presentazione a una raccolta fotografica ad opera di Ferdinando Scianna, fotografo di Bagheria, dove torna l’accostamento della Sicilia alla Spagna, soprattutto per quanto riguarda il valore e l’importanza della superstizione religiosa e del mito. Nel 1969 inizia la sua collaborazione con il Corriere della Sera. Nel 1971 pubblica “Il contesto“, con il quale l’autore ritorna al genere poliziesco. Alle elezioni comunali di Palermo nel giugno 1975 lo scrittore si candida come indipendente nelle liste del PCI; viene eletto con un forte numero di preferenze. Agli inizi del 1977 Sciascia si dimette dalla carica di consigliere del PCI. La sua contrarietà al compromesso storico e il rifiuto per certe forme di estremismo lo portano, infatti, a scontri molto duri con la dirigenza del Partito comunista. Nel 1978 pubblica “L’affare Moro” sul sequestro, il processo e l’omicidio ad Aldo Moro organizzato dalle Brigate Rosse. Nel giugno del 1979 accetta la proposta dei Radicali e si candida sia al Parlamento europeo sia alla Camera. Eletto in entrambe le sedi istituzionali, sceglie Montecitorio, dove rimarrà fino al 1983 occupandosi quasi esclusivamente dei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia. Nel 1984 gli è diagnosticato il mieloma multiplo Sempre più spesso fu costretto a lasciare la Sicilia per Milano per curarsi ma egli continua, sia pure con fatica, la sua attività di scrittore. Una delle sue ultime battaglie politiche fu in difesa di Enzo Tortora, vittima di errore giudiziario e divenuto anch’egli un militante radicale e il sostegno dato ad Adriano Sofri, accusato nel 1988 dell’omicidio Calabresi. In seguito a complicazioni muore a Palermo il 20 novembre 1989.
Rita Bevilacqua