“Ci sono storie che non devono essere raccontate, chi lo fa rischia la vita. Alcuni vivono con la scorta, altri convivono nella paura. Il viaggio di chi ha deciso di non arrendersi e continuare a raccontare” – sabato 30 gennaio è andata in onda la quarta puntata di “Cose Nostre” il programma di Rai 1, di cui avevamo scritto qui, che ha raccontato le storie di cinque giornalisti minacciati dalle mafie per il solo fatto di aver voluto svolgere liberamente il loro lavoro e fare informazione.
Il questa penultima puntata è stata raccontata la storia di Pino Maniaci, che dal 1999 è il direttore di Telejato, una piccola emittente televisiva di Partinico (PA) che in quel periodo rischiava di chiudere per problemi economici, lui decise di salvarla e iniziò da lì addirittura senza il tesserino di giornalista a fare il suo telegiornale.
Partinico si trova in un’area ad alta intensità mafiosa che nel corso degli anni è stata ed è anche oggi sotto l’assedio di boss e famiglie mafiose contro cui Maniaci e la sua TV conducono la loro battaglia di legalità. Telejato infatti si occupa di attualità, politica, cronaca, riporta le notizie di inquinamento ambientale e racconta soprattutto i fatti di mafia. Proprio per questo tutta la redazione si è trovata spesso a fronteggiare tantissime intimidazioni, hanno dovuto sopportare minacce, auto danneggiate e incendiate, ruote bucate, vetri rotti, e addirittura aggressioni verbali e fisiche.
Il modo di fare informazione di Pino Maniaci è tutt’altro che convenzionale. Il telegiornale di Telejato approfondisce ogni notizia spendendo tutto il tempo che essa necessita e senza rispettare i “tempi televisivi”, senza filtri, né censure e chiamando per nome e cognome mafiosi e affiliati. Inoltre Maniaci è solito sbeffeggiare, ridicolizzare ed etichettare con soprannomi i boss (i “P.d.m.” o “Pezzi di merda” come li chiama lui) con lo scopo di distruggere quelle “campane di vetro” che molto spesso fungono da protezione per la figura di un boss, quasi come autorità da idolatrare. “Questo – dice il direttore Maniaci – è l’unico modo per distruggere il loro onore e l’alone di rispetto e paura in cui si radica la cultura omertosa”.
Il primo ad utilizzare la satira per prendere in giro i mafiosi fu Peppino Impastato ai microfoni della sua Radio Aut quando conduceva Onda Pazza, con siparietti irriverenti che raccontavano i fatti locali e avevano come protagonisti proprio i capi mafia, i signorotti e i politici di Cinisi.
Le più gravi aggressioni subite da Pino Maniaci e la redazione riguardano in particolare due episodi distinti e lontani nel tempo ma con l’unico obiettivo di fermare l’azione e il lavoro di Telejato. Il primo fatto è connesso al fatto che Telejato dopo svariate denunce era riuscita a far demolire cinque stalle abusive dei Vitale (detti Fardazza), famiglia mafiosa di Partinico, e per questo proprio il figlio del boss Vitale assieme ad un suo complice, pestarono a sangue Pino Maniaci procurandogli la rottura di quattro costole, dei denti, svariate contusioni ed infine hanno cercato di strozzarlo con la sua stessa cravatta ma senza successo.
Da quel momento Pino Maniaci è costretto ad avere la scorta, nonostante l’abbia rifiutata più volte per essere più libero di esercitare il suo lavoro senza le inevitabili limitazioni che si hanno con una misura di protezione come la sua.
L’altro episodio invece si verifica nel giardino delle sedi televisive, dove due cani di Maniaci vengono prima avvelenati e uccisi barbaramente e poi vengono impiccati ad un palo come segno di un’ennesima intimidazione. E’ qui che il direttore di Telejato pensa seriamente di chiudere le trasmissioni ma grazie al sostegno della famiglia, dei colleghi, di tantissimi cittadini e di esponenti di associazioni e politici, decide di continuare il suo lavoro e la sua missione.
Le minacce purtroppo non si fermano neppure dopo, ma oltre alle quattro auto bruciate, ai freni manomessi, alle decine di ruote bucate e vetri distrutti, oltre alle lettere e telefonate anonime, Pino Maniaci non si è mai fermato, grazie soprattutto alla solidarietà della grande comunità che si è stretta attorno a lui regalandogli nuovi strumenti per la TV, le telecamere per la videosorveglianza e perfino due auto regalategli da un autosalone di Partinico.
Grazie a tutto questo lavoro di squadra e alla solidarietà della gente la TV partinicese è seguitissima in tanti comuni del palermitano, a Palermo, sul web ed è riuscita ad attirare le attenzioni delle grandi TV, sia nazionali che estere come la CNN, la BBC e tante altre che hanno voluto dedicare degli spazi per raccontarne la sua storia.
In questi anni Telejato ha fatto partire anche molte indagini e recentemente, attraverso una lettera anonima giunta in redazione, si è dato seguito a una denuncia che ha portato all’arresto ventitre mafiosi. “Questo è uno dei risultati di chi ha cambiato la mentalità di questo territorio – spiega il direttore Maniaci – i cittadini adesso ci fanno sapere quello che succede e come si riorganizza la mafia”.
Uno dei collaboratori di Telejato è Salvo Vitale, ex professore di filosofia e amico fraterno di Peppino Impastato con cui fondò Radio Aut, che oggi rappresenta la continuità di quelle lotte comuni contro la mafia e il malaffare, ma anche la memoria e l’impegno per un’informazione libera.
Pino Maniaci conclude l’intervista ai microfoni di Cose Nostre dicendo che “la mafia può e deve essere sconfitta tagliando il cordone ombelicale tra la politica e la mafia stessa, sta lì il nodo”.
“Noi continuiamo a scassare la minchia – continua – denunciamo la commistione tra la mafia e la politica, vogliamo continuare ad essere degli “scassamichia” per avere una Sicilia e un’Italia migliori”.
Calogero Aquila