“ Con l’ Ato rifiuti incontrollato tutti i comuni della provincia sono a rischio di dissesto finanziario nei prossimi mesi di questo ne risponderanno i sindaci e i consiglieri comunali che non potranno più ricandidarsi per dieci anni, ma soprattutto i cittadini che vedranno le imposte aumentate al massimo per ripianare i debiti”. A lanciare il grido di allarme sulla situazione debitoria dell’ Ato Rifiuti e l’ ex consigliere provinciale Giuseppe Regalbuto, che continua a richiede le dimissioni dell’ attuale Collegio di liquidazione. “C’è chi parla di 200 milioni di euro e chi si spinge fino a 300 milioni – ha detto Giuseppe Regalbuto – senza contare che l’Ato sarebbe senza bilancio dal 2008, un fatto che non ha precedenti e che in futuro si ripercuoterà sui comuni che in qualità di soci dovranno ripianare i debiti in percentuale ognuno alle azioni possedute, molti – prosegue Regalbuto – sperano che un intervento straordinario del governo posso risolvere il problema finanziario, ma attualmente la Sicilia in diversi settori è priva di finanziamenti come è trapelato nell’ ultima finanziaria, pertanto lo Stato difficilmente risolverà il problema debitorio dell’ Ato Rifiuti che si riverserà sui comuni, costringendoli a contrarre dei mutui trentennali o dichiarando il dissesto, tutto questo si verificherà per colpa della mancata vigilanza sulla gestione dell’ Ato Rifiuti che ogni giorno crea debiti”. Il consigliere Regalbuto in più circostanze ha evidenziato gli sprechi presso l’ Ato Rifiuti di Enna, dai carburanti, ai locali in affitto, ai noli dei mezzi, alla posizione del personale. “ L’ Ato Rifiuti con l’ attuale Collegio di liquidazione non ha ridotto i costi – continua Giuseppe Regalbuto – anzi ha permesso aumenti di livello e non ha promosso le azioni di annullamento degli atti amministrativi dopo l’ azione di responsabilità promossa nei confronti dei precedenti liquidatori Sutera e Interlicchia atti che oggi producono effetti con aumenti di costi”. Sul rischio del dissesto per tutti i comuni dell’ ennese Regalbuto precisa “ Per l’ entità dei debiti il crack di un Comune produce una serie di effetti a catena, che in un certo senso paralizzano la vita stessa dell’ente stesso, soprattutto in ambito economico-finanziario e sociale, tempi duri anche per gli amministratori considerati colpevoli di aver causato il disastro con il dissesto si pone fine alle gestioni economiche “dissennate” e si obbliga l’ente ad applicare i princìpi di buona amministrazione, al fine di non aggravare la posizione debitoria, per le imposte e le tasse locali, diverse, le aliquote e le tariffe di base vengono innalzate nella misura massima consentita e la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, per i servizi a domanda individuale (ad esempio mense scolastiche, scuolabus, case di riposo etc), il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti”. Conseguenze anche sul piano politico. “Gli amministratori – conclude Giuseppe Regalbuto – che la Corte dei Conti riconosce responsabili, anche in primo grado, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto ma anche i sindaci ritenuti responsabili, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco”