NICOSIA – Unthriller, un fosco intrigo, una storia scabrosa, di scottante attualità,che lascia senza fiato. Una vendetta mancata e una serie di violenze e perversioni, in cui le uniche vittime sono innocenti, quei bambini che cadono in una rete di abusi, fisici e psicologici, dalla quale liberarsi risulta difficilissimo.
Il romanzo di successo “I bambini non hanno mai colpe”(Bonfirraro editore) sarà presentato in occasione della rassegna culturale “Le tre giornate di Davì”, il festival della cultura libertaria, egalitaria, partecipativa ed esaltatrice della diversità organizzato a Nicosia, nell’ennese, dal 27 al 29 maggio.
Dopo l’affermazione al Salone del Libro di Torino, l’appuntamento con IsmeteSelmanaj, l’autrice di origini albanesi, è fissato per domenica 29 maggio alle ore 17.50. Presenterà e modererà Luigi Bonelli, psichiatra e sindaco del comune, interviene l’editore Salvo Bonfirraro.
Il romanzo, che analizza una delle piaghe più mostruose della società contemporanea, la pedofilia, è un’opera letteraria che affonda le sue radici sociologiche nell’Albania post comunista (dove si assiste ancora a un rigurgito di un antico codice comportamentale, il Kanun) ma che si erge a messaggio universale, perlustrando l’animo umano nei suoi recessi più oscuri, scoprendo risvolti inconfessabili, costringendo l’emersione di fatti delittuosi gravi e intollerabili. Oggi, come emerge dal racconto, tale crimine, una volta scambiato per pratica sessuale, rientra anche nella logica del “mercato globale” e dello sfruttamento dei poveri: tutto si può ottenere, se si paga adeguatamente.
Pur se presenti alcune scene “crude”, e nonostante l’intrinseca sgradevolezza della tematica trattata, grazie al pudore e alla sensibilità dell’autrice prevale la delicatezza e il rispetto umano.
E proprio sul giallo abbiamo sentito Don Fortunato Di Noto, il fondatore dell’Associazione Meterche orienta la sua ricerca quotidiana, assieme ai suoi esperti, contro la rete di pedopornografia infantile dilagante sul web: ogni giornonaviga e denuncia, battendosi quotidianamente per tutelare i bambini dagli abusi sessuali. È a lui che ci siamo rivolti per una lettura in anteprima del libro, a lui perché ci ricorda Andi, l’investigatore senza macchia al quale è affidata la risoluzione del giallo.
– Don Di Noto, innanzitutto la ringraziamo per aver accettato la nostra intervista. Lei ha letto il libro in anteprima, come le è sembrato?
«È sempre audace scrivere di storie di abusi su bambini. È, nella opinione comune, non parlarne e non dire nulla, lasciando gli eventi accaduto nell’oblio delle stesse vittime e non permettere, soffocando il grido, che qualcuno conosca e agisca attivando una sorta di recinti protettiti. Se mi permettete di esprimere ciò che mi ha suscitato è come quando ti ferisci e cerchi di non permettere che il sangue fluisca a terra e corri ai ripari. Metti cotone, garze, pomate. Aspetti che tutti finisca, anche se i tagli restano a memoria e come monito per gli altri. Gli abusi sui bambini hanno bisogno che qualcuno amplifichi il dramma e sospinga a trovare soluzioni affinché non accada mai più. Avvincente e vince questa rassegnazione comune».
– La vicenda narrata è ambientata in Albania, trova delle affinità con casi che lei stesso ha trattato qui in Italia?
«Le caratteristiche degli abusi sono comuni, più o meno rielaborate e attuate da chi vuole appropriarsi, possedere l’innocenza. Non è il luogo che favorisce l’abuso, ma è l’uomo che compie gli abusi sui piccoli. Su chi è in trappola, emotivamente e affettivamente. Un amore malato che fa soffrire e porta alla morte di una parte di sé. Accade in ogni longitudine e latitudine del pianeta, dentro il microcosmo umano che è capace di disumanizzare».
– Ha conosciuto ispettori sensibili come Andi?
«C’è bisogno di tanti Andi. Una numerosa schiera di uomini di buona volontà capaci di ascolto, di accoglienze. Ai bambini bisogna credere e aiutarli a raccontare con fantastica realtà le brutture subite. Non è sempre facile: umanità e professionalità, per evitare il racconto di falsi abusi. Ma non è questo il caso. Credere ai bambini significa offrire loro la possibilità della guarigione e della libertà. Gli abusi, la pedofilia sono una forma di schiavitù e gli schiavi hanno bisogno che qualcuno li liberi».
– Quanto è grande, secondo le sue conoscenze, la rete di pedofilia in Italia?
«La pedofilia in Italia è presente perché ci sono i pedofili, abusatori che cercano bambini prepuberi. Attualmente sono migliaia i child sex offender (gli abusatori dei bambini) che stanno scontando una pena. Con la speranza che possa essere riabilitativa, ma sappiamo quanto è difficile. Se per rete intendiamo legami pedocriminali dove i bambini sono sfruttati, venduti, uccisi …ci sono stati episodi inquietanti. Anche alcuni bambini italiani sono vittime di questo fenomeno».
– Dal libro emerge quanto abbiano influito le nuove tecnologie sulla diffusione della rete. Quanto è reale tutto ciò?
«Credo sia sufficiente dir questo per capire quanto le nuove tecnologie hanno amplificato e globalizzato la pedofilia, ecco il reale: Come la mettiamo con i dieci milioni di minori nel mondo segnati dalla pedopornografia, ridotti a schiavi sessuali?”. I principali dati tratti dal Report Meter 2015 parlano di 1.180.909 foto e 76.200 video segnalati nel 2015, 125.000 siti pedopornografici (dal 2003 ad oggi) denunciati, 9.872 solo nel 2015 di cui 70 nel deep web con specifici riferimenti italiani (esclusi quelli stranieri), 3.414 comunità e social network, 928 consulenze telefoniche, 73 casi seguiti al Centro di ascolto e accoglienza, 56 chat monitorate. Questi dati, mi chiedo, non sono una emergenza sociale, con risvolti criminali e preoccupanti?. Numeri che configurano veri e propri abusi sull’infanzia».
– Quale potrebbe essere il ruolo della letteratura per debellare questa piaga disumana?
«Le parole hanno il potere di informare e informare ha il potere di cambiare le coscienze. Del resto c’è anche una letteratura a favore della pedofilia e degli abusi. Impegniamoci tutti per rendere umano sempre di più l’uomo. Del resto quanto è importante la responsabilità del comunicatore, del letterato: raccontare l’uomo e la sua terra e la bellezza della vita e del creato. La bellezza non si deturpa, e quando fosse, la speranza è capace di lavare le colpe e far rinascere la forza della vita, anche se ferita. Dobbiamo continuare a raccontare questa bellezza delle parole che creano vita e prospettiva di cielo».
– Quanto serve parlarne e sensibilizzare?
«L’abuso si nutre di silenzio. Il silenzio genera indifferenza e complicità. Ecco un impegno per chi ha a cuore l’infanzia e la loro dignità, direi l’uomo e il creato. Deturparlo è inumano e dissacrante. Noi non dobbiamo permetterlo. Insieme si va avanti».