Al via le domande per gli aiuti alla riduzione della produzione del latte

Al via le domande per gli aiuti alla riduzione della produzione del latte

- in Agricoltura, Attualità

Vivendo di agricoltura e allevamento, leggo spesso articoli riguardanti l’argomento. Quello che, anni fa, era considerato il settore primario, quello che trainava l’economia nazionale, ormai è diventato uno dei settore che subisce le angherie della politica. Disagiati e umiliati, gli agricoltori e gli allevatori sono soggetti ai continui “cambiamenti d’umore” dell’Unione Europea. Giorni fa ho letto nel sito della Coldiretti un articolo dal titolo “Latte, scattate le domande per gli aiuti alla riduzione della produzione” (5 settembre 2016). Leggendolo ho subito pensato: ecco l’ultima beffa che sta attuando l’Unione Europea!

“E’ scattato il via alle domande – recita l’articolo- per l’accesso agli aiuti per quegli allevatori che ridurranno la produzione di latte. La prima tranche di richieste scade il 21 settembre prossimo e garantirà 14 centesimi per ogni kg di latte che sarà prodotto in meno rispetto allo stesso trimestre della campagna lattiera scorsa…”

Vi rendete conto! Invece di incentivare l’economia, spronando quelle poche aziende zootecniche rimaste a produrre, s’incentiva invece la non-produttività. Questo mi ha fatto tornare in mente un altro articolo, sempre del sito Coldiretti uscito il 5 settembre 2016, dove si legge che le grandi marche italiane venditrici di prodotti caseari sono gestiti dalla multinazionale francese Lactalis.

“La multinazionale transalpina che in Italia opera con i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cademartori, è il primo gruppo lattiero caseario nel mondo con un fatturato complessivo di 16 miliardi che in Italia sviluppa un giro d’affari per 1,4 miliardi di euro con una quota di mercato complessiva nel settore lattiero caseario del 23,4 per cento in volume mentre acquista circa l’8 per cento del latte italiano. Detiene il 33 per cento del mercato italiano del latte a lunga conservazione, ma la quota sale al 34 per cento nella mozzarella, al 37 per cento nei formaggi freschi e arriva addirittura la 49,8 per cento nella ricotta solo per citare alcuni esempi.”

Ecco quello che sta succedendo al settore zootecnico. Come può progredire un settore se viene incentiva la non-produttività, tenuto anche conto che le principali marche italiane produttrici di prodotti caseari sono inglobate in una multinazionale estera.  A voi trarre le dovute conclusioni. Per ulteriori approfondimenti visitate il sito www.ilpuntocoldiretti.it

Rita Bevilacqua

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