[df-subtitle]Dopo quasi quarant’anni [/df-subtitle]
Dal 21 dicembre 2016 la Testa di Ade ritorna in mostra permanente al Museo Regionale di Aidone (EN), sito in Largo Torres Truppia. Dopo quasi quarant’anni (era stato trafugata tra il 1977, 1978) torna a casa la testa di Ade, la preziosa scultura del IV secolo a.C. restituita alla Sicilia dal Paul Getty museum di Malibù.
La scultura è detta anche Barbablù per il colore blu dei riccioli della barba. Da mercoledì prossimo Ade sarà in mostra al museo di Aidone, in provincia di Enna, vicino alla grande statua della dea Demetra e agli acroliti di Morgantina.
Il reperto era stato acquisto dal Museo Getty nel 1985 dal magnate americano Maurice Tempelsman. Un ricciolo che faceva parte della sua testa fu ritrovato a Morgantina, durante alcuni scavi, e grazie alla caparbietà di due studiose siciliane, Lucia Ferruzza e Serena Raffiotta, fu riconosciuto come appartenente alla testa del dio Ade, esposto proprio al museo di Malibù.
Un archeologo americano ha poi ritrovato altri tre riccioli: insieme con quello scoperto in precedenza sono stati messi a confronto con la testa. E’ stato così possibile risalire con assoluta certezza alla provenienza della scultura. Dopo una lunga trafila burocratica, il 29 gennaio 2016 la Testa di Ade è rientrata definitivamente in Sicilia.
L’assessore ai Beni culturali Carlo Vermiglio ha deciso con la direttrice del polo museale ennese, Giovanna Susan, l’esposizione permanente della scultura nel museo di Aidone. Il rientro definitivo ad Aidone è avvenuto il 15 novembre e l’inaugurazione della mostra permanente avverrà mercoledì 21 dicembre dalle ore 12.00.
La testa si presenta fratturata alla base del collo, lasciando presumere sia appartenuta a un busto o a una statua. Le dimensioni sono pari al vero, essendosi conservata pressoché integralmente per un’altezza massima di 26,7 cm (10 ½ in.) e una larghezza massima di 20,4 cm (8 in.).
Le labbra sono socchiuse e contornate superiormente da una sottile striscia d’argilla in leggero rilievo, su cui sono appena visibili dei brevi solchi obliqui incisi, atti a rendere i baffi. Il contorno degli occhi è segnato da incavi molto profondi che, se oggi contribuiscono a rendere penetrante lo sguardo della figura, un tempo dovevano alloggiare le ciglia, realizzate probabilmente in metallo, com’era consuetudine nella scultura greca. Una sottile incisione circolare, ben più evidente nell’occhio destro, segna il contorno delle pupille.
La caratteristica più singolare dal punto di vista tecnico è la resa della folta capigliatura e della fitta barba. I riccioli che le connotano furono modellati singolarmente a mano e rifiniti a stecca (sono ben evidenti le tracce), quindi applicati alla testa prima della cottura.
Fu in questo stesso momento che l’ignoto abilissimo artigiano avrebbe rivestito di un doppio strato d’ingobbio argilloso l’intero manufatto, preparandolo così al prezioso rivestimento policromo che, applicato una volta ultimatane la cottura, ancora oggi straordinariamente si conserva su viso, barba e capelli. (Relazione dell’archeologa ennese Serena Raffiotta).
Rita Bevilacqua