Pochi ricordano e non tutti conoscono la storia di una triste vicenda accaduta a Barrafranca (EN) sessantuno anni fa: si tratta dell’uccisione dell’allora maresciallo capo della locale stazione dei Carabinieri TROJA SALVATORE.
Era il 13 febbraio del 1956. Si festeggiavano gli ultimi giorni di carnevale, era il lunedì grasso. Allora era costume tenere “in casa” delle serate danzanti, a cui partecipavano famigliari e amici. Il maresciallo Salvatore Troja, assieme alla figlia Amalia, ritornava proprio da una di queste serate danzanti, svoltasi a casa del prof. Ciulla in via Dante e si avviavano alla loro abitazione, sita in via Romano al civico 14. In quella stretta via, nell’oscurità, si nascondeva un uomo coperto da una scappulara (scapolare) che aspettava il rientro del maresciallo. Appena avvistatolo, gli sparò alcuni colpi di fucile, colpendo non solo il maresciallo, ma anche la figlia Amalia.
La giovane donna morì subito, mentre il maresciallo fu portato d’urgenza all’Ospedale di Caltanissetta, dove morirà l’indomani, martedì 14 febbraio.
Al Maresciallo e alla figlia furono tributati onori di Stato. I feretri furono poi trasportati al loro paese d’origine Scordia (CT), dove tuttora sono sepolti.
Per l’uccisione del maresciallo Troja e di sua figlia, furono subito arrestati due contadini barresi Salvatore e Giovanni Lauria. Il maggiore dei fratelli Salvatore fu subito scarcerato, in quanto l’alibi era risultato ineccepibile, mentre il giovane Giovanni fu incriminato, anche se non confessò mai il delitto. L’arresto dei due fratelli avvenne poiché la famiglia Lauria aveva dei rancori nei confronti del maresciallo ucciso, e lo stesso Giovanni, durante gli interrogatori, aveva finito per ammettere di aver nutrito per tanto tempo dei rancori nei confronti del Troia. Inoltre l’alibi apportato del giovane contadino non reggeva. Tante le contraddizioni che portarono all’arresto: dal fucile sequestrato dagli inquirenti che, secondo la testimonianza di Giovanni, fu utilizzato alcuni giorni prima in una battuta di caccia, senza saperne
indicare ora e giorno. Inoltre dalle testimonianze raccolte, alcuni videro il giovane contadino aggirarsi intorno alle 22.00 per le strade del paese, coperto da uno scapolare di panno blu, mentre Giovanni aveva dichiarato che quella sera portava un cappotto e già alle 21.00 era rientrato a casa ed era andato a letto. Giovanni fu condannato all’ergastolo, pena commutata in 30 anni di carcere.
In paese si raccontava che i fratelli Lauria avessero compiuto quell’insano gesto per vendicare Francesco, fratello di questi, ucciso da un certo Amoroso, venditore di radio e compare in affari di Francesco. Secondo i Lauria (sempre dai racconti dei loro concittadini) il maresciallo aveva coperto il presunto assassino del fratello.
In realtà Amoroso era stato arrestato, ma non aveva scontato tutta la pena. Si racconta che il vero autore confessò quell’omicidio in punto di morte, ma non si è mai fatto il suo nome. A causa questa incresciosa vicenda, per anni a Barrafranca il carnevale non venne festeggiato.
Salvatore TROJA di Tommaso e di Giuseppina Sanfilippo, nasce il 13 gennaio 1908 a Ramacca (CT). Il 29 settembre 1929 si sposa a Scordia (CT) con Lucia Scirè, di Rocco, proveniente da Avola. Maresciallo Capo della stazione dei carabinieri di Barrafranca (EN)
Amalia TROJA di Salvatore e Lucia Scirè, nata a Scordia il 6 marzo 1940. Nubile- studentessa.
Rita Bevilacqua