“Amiamo la nostra terra”, la riflessione del vescovo di fronte agli incendi

“Amiamo la nostra terra”, la riflessione del vescovo di fronte agli incendi

- in Piazza Armerina

Il vescovo di Piazza Armerina di fronte agli incendi di questi ultimi giorni propone una attenta riflessione dal tema “Amiamo la nostra “Casa comune” che è la terra. Una riflessione che parte dalla considerazione condivisa da tutti in queste ore riguardo l’egoismo di chi ha causato tutto ciò che lascia disorientati. Mons. Gisana sottolinea che ciò che manca è “è un equilibrato senso comune che dovrebbe portare al rispetto di ciò che appartiene a tutti, che è patrimonio di tutti e del quale tutti siamo responsabili”.

Di fronte a un così grande “disastro ambientale così offensivo” non si può rimanere insensibili. È necessario perciò scrive don Rosario “la ricostituzione di un certo buon senso, che appartiene a forme educative elementari”, prendendo le mosse anzitutto “da quanti svolgono il difficile compito della formazione a diversi livelli: genitoriale, scolastico, parrocchiale” – mirando alla formazione della coscienza.

Nella sua riflessione il vescovo  facendo riferimento a chi ha commesso questo atto infamante che ha “stravolto e distrutto l’ambiente”,  dice che i responsabili “hanno pure ribaltato l’ordine naturale della relazione con l’altro, cioè è venuto meno ad un aspetto fondamentale della vita umana che è l’altro: non soltanto colui che è distante e non si conosce, ma, paradossalmente, anche sé stessi e quanti ricevono la propria attenzione d’affetto”.

“L’altro, continua il vescovo – che viene coinvolto nel disastro non è al di fuori di noi stessi, bensì il nostro stesso io che, rappreso da un forte senso di egoismo, ci appare distante e ignoto. La difficoltà sta proprio nel rieducare il nostro io, sconosciuto e ostile, sempre in agguato nel far il male agli altri”.

Occorre operare sulla coscienza “quel lato di consapevolezza che agisce sul senso di responsabilità che come spiega Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’ al n. 202 – è «la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione»”.

E ancora mons. Gisana scrive che “chi commette questi atti infausti manca proprio di elementi basici della vita relazionale. Nei percorsi di rieducazione, a partire dalla confessione sacramentale dove sarebbe il caso di considerare che il danno verso l’ambiente è un peccato grave accanto ai peccati che offendono la vita umana, è necessario far capire che l’umanità non è differente dalla natura, cioè che l’ambiente è correlato intrinsecamente alla crescita dell’uomo sulla faccia della terra”.

Poi, ancora dice il vescovo  “il disastro che ha colpito Piazza Armerina, come pure i variegati roghi del territorio siciliano, sono un’amara evocazione di un degrado che sta colpendo l’uomo, incapace di amalgamare relazioni equilibrate”.

Si è di fronte ad una sfida educativa che ha valenza epocale per cui “non è dato di temporeggiare su tale emergenza. Occorre che gli ambiti educativi, impegnati nella formazione delle giovani generazioni, uniscano le loro forze e tornino a capire che i loro atti rispondono ad una vocazione che interessa la custodia dell’uomo nella sua integrità morale e spirituale”.

È necessario cominciare dalla famiglia, passando per la scuola che deve fare “della cultura l’ambito dell’in-formazione, cioè della trasmissione di conoscenze correlate vivamente con il senso della vita. Ed infine, è necessario che la parrocchia non si fermi soltanto ad attività ricreative e di animazione sociale. I giovani hanno bisogno di trovare sacerdoti che sappiano ascoltare, depositari dei loro sogni e soprattutto disponibili ad accompagnarli nella comprensione degli eventi che accadono”.

Per mons. Gisana “è giunto il momento del cambiamento: un’emergenza che si scorge, anzi si constata a partire dai variegati disastri ambientali. Ci si affida alla nuova generazione che, riappropriandosi di uno stile nuovo di relazione, saprà riedificare quanto, per egoismo e cinico tornaconto, è stato leso e distrutto”.

Carmelo Cosenza

[df-subtitle]”Amiamo la nostra casa comune”[/df-subtitle]

L’egoismo delle persone è così efferato da restare disorientati. Non si riesce a comprendere le ragioni di quello che è accaduto nelle zone limitrofe di Piazza Armerina: dei roghi devastanti che hanno coinvolto una vasta area boschiva, utilissima, per le variegate fruizioni di bellezza naturale. Occorre ammettere, in verità, che non esistono neppure ragioni per gesti così inconsulti che lasciano intravedere un cammino di ri-educazione lungo e faticoso. Quello che manca è un equilibrato senso comune che dovrebbe portare al rispetto di ciò che appartiene a tutti, che è patrimonio di tutti e del quale tutti siamo responsabili. Ci si chiede: qual è il percorso giusto per riscoprire il valore della «casa comune» che è la nostra terra? Non si può infatti restare indifferenti di fronte ad un disastro ambientale così offensivo, il quale non soltanto ha sconvolto l’equilibrio dell’ecosistema che caratterizza l’intera area boschiva, ma ha messo a repentaglio la vita di tante persone, oltre al fatto che ancora una volta diamo esempio di cinismo e sfrontatezza a quanti vengono a visitare la bellezza del nostro territorio.

A fronte di quello che è accaduto, la ricostituzione di un certo buon senso, che appartiene a forme educative elementari, deve prendere le mosse anzitutto da quanti svolgono il difficile compito della formazione a diversi livelli: genitoriale, scolastico, parrocchiale. Occorre mirare alla formazione della coscienza. È da qui che bisogna partire con prodigale impegno, affinché la gente, fin dalla tenera età, colga la stupefacente bellezza della relazione. Chi ha commesso questo atto infame ha certamente stravolto e distrutto l’ambiente, ma ha pure ribaltato l’ordine naturale della relazione con l’altro, cioè è venuto meno ad un aspetto fondamentale della vita umana che è l’altro: non soltanto colui che è distante e non si conosce, ma, paradossalmente, anche sé stessi e quanti ricevono la propria attenzione d’affetto. L’altro che viene coinvolto nel disastro non è al di fuori di noi stessi, bensì il nostro stesso io che, rappreso da un forte senso di egoismo, ci appare distante e ignoto. La difficoltà sta proprio nel rieducare il nostro io, sconosciuto e ostile, sempre in agguato nel far il male agli altri.

È la coscienza l’ambito privilegiato su cui si deve operare: quel lato di consapevolezza che agisce sul senso di responsabilità. Ciò che manca – spiega Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’ al n. 202 – è «la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione». Chi commette questi atti infausti manca proprio di elementi basici della vita relazionale. Nei percorsi di rieducazione, a partire dalla confessione sacramentale dove sarebbe il caso di considerare che il danno verso l’ambiente è un peccato grave accanto ai peccati che offendono la vita umana, è necessario far capire che l’umanità non è differente dalla natura, cioè che l’ambiente è correlato intrinsecamente alla crescita dell’uomo sulla faccia della terra. Esiste una mutua connessione tra l’uomo e la natura, al punto che l’uno non può prescindere dall’altra e viceversa. Si può anche dire che entrambi siano indivisibili, perché si appartengono vicendevolmente; per cui il disastro che ha colpito Piazza Armerina, come pure i variegati roghi del territorio siciliano, sono un’amara evocazione di un degrado che sta colpendo l’uomo, incapace di amalgamare relazioni equilibrate.

Ci troviamo dunque di fronte ad una sfida educativa che ha valenza epocale. Non è dato di temporeggiare su tale emergenza. Occorre che gli ambiti educativi, impegnati nella formazione delle giovani generazioni, uniscano le loro forze e tornino a capire che i loro atti rispondono ad una vocazione che interessa la custodia dell’uomo nella sua integrità morale e spirituale. Il rispetto dell’ambiente è soltanto conseguenziale, sebbene sia fortemente concatenato con la crescita morale dell’uomo, alla formazione di uno stile che è recupero del valore della relazionalità. Si cominci dalla famiglia che è il luogo privilegiato dove i giovani, fin dall’origine, apprendono uno stile di mutuo rispetto tra genitori e figli, non tralasciando interventi che educano al senso dell’ubbidienza, della disciplina, della docilità. È importante che anche la scuola si senta coinvolta in questo programma di rieducazione dell’umanità, facendo della cultura l’ambito dell’in-formazione, cioè della trasmissione di conoscenze correlate vivamente con il senso della vita. Ed infine, è necessario che la parrocchia non si fermi soltanto ad attività ricreative e di animazione sociale. I giovani hanno bisogno di trovare sacerdoti che sappiano ascoltare, depositari dei loro sogni e soprattutto disponibili ad accompagnarli nella comprensione degli eventi che accadono. Sì, è giunto il momento del cambiamento: un’emergenza che si scorge, anzi si constata a partire dai variegati disastri ambientali. Ci si affida alla nuova generazione che, riappropriandosi di uno stile nuovo di relazione, saprà riedificare quanto, per egoismo e cinico tornaconto, è stato leso e distrutto.

Rosario Gisana

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