21 settembre 1990: il giudice Rosario Livatino fu ucciso con armi rubate a Barrafranca

21 settembre 1990: il giudice Rosario Livatino fu ucciso con armi rubate a Barrafranca

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Aveva solo 38 anni (li avrebbe compiuti a breve) il giudice Rosario Livatino quando perse la vita nella lotta contro la mafia, colui che voleva dare “un’anima alla legge”, come aveva detto poco prima di morire. Ad ucciderlo dei sicari che imbracciavano armi rubate mesi prima a Barrafranca (EN).

Erano circa le nove di un tranquillo venerdì di settembre,  precisamente il 21 settembre 1990,  quando sulla statale 640 Agrigento-Caltanissetta il giudice Rosario Livatino,  mentre si trovava nella sua auto, una Ford Fiesta amaranto,  fu ucciso da alcuni killer a bordo di un’auto e di una moto. Nonostante il giudice fosse già morto, l’assassino inferì sul suo corpo sparandogli ancora in segno di sfregio e lasciandolo in una pozza di sangue.

Viaggiava senza scorto il Giudice che voleva infliggere un duro colpo alla mafia. Aveva indagato su appalti, traffico di droga, riciclaggio e su vicende di mafia. Durante le indagini fu scoperto che le armi usate per l’agguato erano state rubate il 30 marzo 1990 a due carabinieri in servizio a Barrafranca (EN). Questo è emerso dal processo che si è svolto a Caltanissetta nel dicembre del 2003 a carico  di S.B. di Ravanusa, che all’epoca della rapina a Barrafranca aveva 17 anni. (Fonte: quotidiano “La Sicilia”,  articolo pubblicato nel 2004 da Angelo Severino). Riportiamo i fatti.

Il 30 marzo del 1990 S.B. si trovava, insieme ad altri quattro ravanusani, a Barrafranca (EN) con lo scopo di compiere una rapina all’ufficio postale, allora sito nel centro del paese. La rapina però fallì poiché sul posto erano arrivati due carabinieri della locale Stazione per un ordinario controllo del territorio. La banda decise allora di aggredire i due militari dell’Arma e, pistole alle mani, li minacciarono e li derubarono delle armi: due pistole tipo Beretta M92 e una mitraglietta M12. A causa dell’increscioso evento, i due militari furono trasferiti altrove. Da successive indagine emerse che le armi rubate ai carabinieri in servizio a Barrafranca, furono successivamente utilizzate per compiere crimini anche eclatanti, come nel caso dell’uccisione del giudice Rosario Livatino.

Per la morte del giudice Livatino sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti  sono stati tutti condannati, in tre diversi processi, all’ergastolo con pene ridotte per i “collaboranti”. Nel 1993 il vescovo di Agrigento ha incaricato Ida Abate, che del giudice fu insegnante, di raccogliere testimonianze per la causa di beatificazione. Il 19 luglio 2011 è stato firmato dall’arcivescovo di Agrigento il decreto per l’avvio del processo diocesano di beatificazione, aperto ufficialmente il 21 settembre 2011 nella chiesa di San Domenico di Canicattì. Nel luogo dove fu ucciso i genitori del giudice hanno fatto erigere una  Stele ad eterna memoria. Tuttavia, il 18 luglio 2017 mani sacrileghe hanno danneggiato la Stele.

Rosario Livatino era nato a Canicattì (AG) il 3 ottobre 1952, figlio di un avvocato di nome Vincenzo  e di Rosalia Corbo. Conseguita la maturità, nel 1971 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza a Palermo presso la quale si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 ed il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova 119 119 presso l’Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta. Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di “giudice a latere”. Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli Siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni. Numerose le inchieste sulla mafia dell’agrigentino e di altre zone della regione.  Per questo motivo la mafia decise di eliminarlo!

Rita Bevilacqua

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