Ogni anno 20mila siciliani lasciano la propria terra per ragioni studio, alla ricerca di nuove opportunità di lavoro al nord o all’estero. La gran parte di essi ha un’età compresa tra i 20 e i 40 anni. Giovani dunque, che in Sicilia devono fare i conti con una disoccupazione bloccata al 22%, dove uno su due non riesce a trovare lavoro.
Oltre a chi emigra in cerca di lavoro, dai dati dell’Anagrafe Nazionale Studenti (ANS) emerge che i siciliani iscritti nelle università fuori dalla loro Regione (scegliendo soprattutto Pisa, Bologna e Torino) sono più di 50mila. Un universitario siciliano su tre ha fatto le valigie. Quest’ultimo dato, non sarebbe però da considerarsi totalmente negativo, poiché è naturale ed auspicabile che un ventenne oggi abbia la possibilità e l’opportunità di uscire fuori regione, di vivere un’esperienza all’estero, di studiare e formarsi al di fuori delle proprie “mura domestiche”, tuttavia il vero dato preoccupante è che solo una piccolissima percentuale di essi farà ritorno in Sicilia per lavorarci e viverci.
A questi vanno aggiunti i giovani laureati in Sicilia che hanno lasciato la loro terra dopo la laurea e solo negli ultimi dieci anni sono circa 70mila. Da questo si può comprendere quante sono le risorse disperse ogni anno e quali fenomeni d’impoverimento conseguono in termini socio-economici e culturali.
Un vero e proprio esodo lo definisce il vescovo di Palermo Corrado Lorefice durante un’omelia di luglio, dicendo che questa “sta diventando una necessità storica terribile, che priva la terra del suo nutrimento decisivo. E ad alimentare un territorio, una Città, sono i desideri, i progetti, la voglia di fare, le idee e le aspirazioni delle giovani generazioni”. Già, proprio quei giovani che pur avendo sogni, capacità, titoli, competenze e conoscenze, si vedono costretti a realizzare i propri progetti fuori dalla Sicilia o dall’Italia. Anche se c’è chi rimane e con coraggio prova ogni giorno a costruirsi un proprio futuro.
“Sarebbe un grave errore contrapporre i due esodi, – continua il vescovo Lorefice – quello dei nostri giovani e quello dei popoli del Sud”. E afferma: «Pensare che sia l’arrivo di tanti fratelli dal Sud del mondo a togliere il lavoro ai nostri giovani è una totale idiozia. Al contrario: l’esodo epocale dall’Africa attraverso il Mediterraneo è l’appello, e soprattutto l’opportunità che la storia ci offre, per ribaltare il perverso assetto del mondo e della sua economia; per creare nuove possibilità e nuove speranze proprio grazie all’accoglienza e all’integrazione dei tanti che giungono e che già oggi sono un polmone del lavoro e dello stato sociale in Italia. L’alleanza tra i due esodi, e non la contrapposizione, è il vero orizzonte che ci può consentire un passaggio nuovo. I migranti e i giovani in Sicilia non sono reciprocamente nemici, ma sono il popolo del futuro, il popolo della speranza».
Adesso è il tempo di analisi e bilanci, oltre che di fine anno anche di fine legislatura. Con lo scioglimento delle Camere del 28 dicembre, finisce la 17esima legislatura. Il presidente del Consiglio Gentiloni rivendica i risultati di un’economia italiana in ripresa e del recupero di un milione di posti di lavoro, in maggioranza a tempo indeterminato. A questi dati però Gentiloni aggiunge: «C’è poco da rallegrarsi, basti pensare ai giovani, al Sud, al tasso di occupazione generale ancora bassissimo, alle donne, al precariato. Tutto questo ci dice quanto bisogna insistere e quanto ci sia poco da scherzare nei prossimi anni». Per i giovani, secondo il Premier, «serve lavoro: difendendolo con i denti abbiamo voluto come misura più rilevante quella per facilitare l’accesso ai giovani. È un contributo, mi auguro sia usato dalle imprese».
L’Istat dal canto suo rileva un leggero miglioramento rispetto al 2016, il tasso di disoccupazione infatti diminuisce di 0,4 punti e nell’ultimo trimestre 2017 si registrano 79mila occupati in più rispetto al trimestre precedente. La nota dolente è la gran parte dei nuovi occupati ha un contratto a tempo determinato.
Dunque questi dati appaiono tutto sommato positivi ma tantissimo resta ancora da fare, soprattutto per il Sud. Intanto inizia la campagna elettorale per le elezioni politiche, già fissate il 4 marzo, mentre si alternano le possibili ricette di ripresa economica presentate dai vari schieramenti politici e nel frattempo i siciliani assistono alle discussioni sul possibile aumento degli stipendi all’ARS, a forti tensioni vecchie e nuove, a dimissioni, stoccate, silenzi e scricchiolii provenienti dalla neonata Giunta Musumeci e da Palazzo dei Normanni.
Calogero Aquila