Un anno di “test”. Per capire come dialogavano il mondo dell’agricoltura convenzionale con la tecnologia. Un anno che ha consentito alla superpremiata startup Smartisland di diventare una srl dell’agricoltura di precisione. «All’inizio eravamo noi a girare per le aziende agricole a proporre la nostra idea. Molti erano scettici, ricordo che una volta un agricoltore mi disse “ma qui cresce tutto, da solo”. Ora, negli ultimi quattro mesi, la tendenza si è ribaltata, sono gli agricoltori a cercarci, c’è stata una sorta di contaminazione, sono gli stessi agricoltori a dirti “Ne voglio un altro perché devo coltivare questo prodotto”».
Maria Luisa Cinquerrui, ingegnere elettronico di Niscemi, founder e chief executive officer di “Smartisland” (la startup fondata nel giugno 2016 accelerata da “Digital magics” ) e il Professore fabrizio Sarda della Microsystem di Barrafranca, ad un anno dall’entrata nel mercato del sensore “Daiki” che “tasta il poiso” alla salute delle piante, non nasconde l’orgoglio per questa piccola grande intuizione. «Per il 2018 – ricorda – avevamo programmato di uscire con 33 nuovi dispositivi e, invece, abbiamo quasi raddoppiato, il 2019. Abbiamo già avuto richieste dalla Calabria, dalla Puglia, dalla Sardegna, dove non esiste nulla di simile. Con questa tecnologia gli agricoltori sono più aperti e più attenti. Per ottenere un prodotto più sano e di qualità ci vorranno più tempo e più tecnologie, ma secondo me la “precision farming” è il futuro, non per niente molti colossi dell’agricoltura stanno investendo in questo ambito. in Sicilia siamo stati i primi, ma è una cosa che tra qualche anno esploderà».
Questo sensore serve a prevenire le malattie delle piante?
«Sì, ma non solo. L’obiettivo è anche il corretto impiego delle risorse. Quanta acqua ci vuole davvero per quella coltivazione? Quanta ce n’è nel terreno? Se è ancora bagnato è inutile irrigare ancora perché te lo dice l’agronomo…».
E questo, quando si parla di consumo di suolo e di risorse può essere una chiave per approcciarsi ad un’agricoltura più sostenibile…
«Sicuramente. Noi diamo loro servizi e consulenze. L’agricoltore, grazie alla tecnologia, diventa imprenditore perché può gestire meglio le proprie risorse sia umane, sia in termini di tempi di produzione. Il nostro compito è quello di dargli una mano in questo passaggio. Una volta l’agricoltore eia quello che coltivava, produceva, prendeva il prodotto io porta,va al mercato e finiva lì. Oggi, invece, può essere in grado di programmare la sua attività può scegliere quanto produrre e a quanto vendere, diventa un “visionario”, una persona che ha ben chiaro cosa fare per la sua azienda. E poi c’è uno scambio di know how interessante. Noi veniamo loro incontro con la tecnologia, e loro diventano i nostri agro-ambassador. Utilizzando il Daiki ci danno consigli per perfezionarlo grazie alle loro competenze. lo posso piazzare il sensore e “lo vivo” a livello elettronico, loro hanno un sensore “fisico”, perché sono a contatto con le piante tutti i giorni e ci possono dare suggerimenti per perfezionare quello che abbiamo inventato».
CHE COS’E
“Daiki” è un particolare sensore capace di “leggere” l’ambiente in cui crescono le coltivazioni e dare informazioni per prevenirne le malattie e per dosare i cicli di irrigazione e concimazione. Finora è stato sperimentato da una cinquantina di produttori.
CARMEN GRECO La Sicilia