L’AQUILA. Buongiorno Dario, Buongiorno Alessandra. “Buongiorno”. Bentornati a L’Aquila. “[Dario] Grazie. Manco da tanto a L’Aquila e trovo con piacere molti lavori avviati e molti miglioramenti. [Alessandra] Io manco dal 2015, quando sono stata in scena qui in teatro (con Albertazzi ne “Il mercante di Venezia”, ndr); le cose vanno molto meglio rispetto allora anche se, dentro di me, speravo di trovarla completamente ricostruita”. Dario, come è nato questo tuo rapporto con il personaggio di Manuel? Cosa hai portato della tua precedente esperienza del documentario in casa famiglia”La repubblica dei ragazzi”? “[Dario] Sono molto legato a Manuel, sia al personaggio che al ragazzo vero, perché Manuel esiste veramente e l’ho conosciuto, appunto, con “La repubblica dei ragazzi”. Così come sono legato anche ad Andrea Lattanzi che ha recitato la parte, appunto, di Manuel nel film riuscendo a farmi dimenticare il Manuel reale e consentendomi, così, di passare dal documentario ad un film di finzione. Insomma, Andrea è riuscito a tirar fuori il suo Manuel”. Come era nato La repubblica dei “ragazzi”? “[Dario] Era un progetto girato nel 2014-15 per circa un anno e mezzo di ripresa. Raccontavo la storia di questa struttura che, ormai, ha 65 anni; di come era nata nel dopoguerra e di tutto il lavoro che ha fatto negli anni, come si è evoluta e di come accoglie i ragazzi e di quello che i ragazzi fanno durante il giorno. Avevo però lasciato fuori la fase dell’uscita perché all’inizio non la ritenevo poi così importante; poi mi sono reso conto di quanto questa fase sia rilevante e abbiamo deciso di farci un film (all’inizio doveva essere un documentario). Nel film è interessante il rapporto tra Manuel, che esce da un mondo chiuso, e il mondo che si apre di fronte, con la ragazza volontaria per esempio ma anche con tutti gli altri personaggi che del “mondo aperto” già fanno parte. “[Dario] Sì, anche se poi in verità anche Francesca è in cerca della sua realtà, cerca di capire cosa vuole fare ed anche, in maniera confusa, perché voglia fare quello che fa. L’incontro con Francesca serviva proprio a questo, ad avvicinare due mondi apparentemente lontani”. “Manuel”, come ci hai appena raccontato, è nato come documentario ed è poi diventato un film di finzione, per il futuro pensi di attraversare ancora questi due generi o, invece, di tornare al documentario o al contrario legarti al genere di finzione? “[Dario] Questo progetto è andato bene, è andata! Per fare un documentario, secondo me, ti devi proprio innamorare di un progetto (almeno per me è così), devi proprio investirci la tua vita: io per due anni e mezzo gli ho dedicato tutto me stesso. Della finzione mi è piaciuto molto il fatto di dover gestire dall’inizio quello che poi vuoi raccontare mentre nel documentario spesso il lavoro prende altre forme e direzioni. Diciamo che la porta è aperta a tutti e tre i linguaggi, ma anche alla fotografia e alla musica che sono altre due mie passioni sulle quali mi piacerebbe continuare a lavorare”.
Alessandra, “Manuel” è nato da un lavoro precedente di Dario dentro la casa famiglia “La repubblica dei ragazzi”; come ti ha inserito in questo contesto che lui conosceva già bene? “[Alessandra] Il lavoro con Dario è stata una scoperta, non solo per me ma per tutto il cast (approfitto per citarli: Alessandro Sardelli, Manuel Rulli, Alessandro Di Carlo, Monica Carpanese, Luciano Miele, Giulio Beranek, …): siamo stati catapultati nel mondo di Dario, un mondo spesso privo di tecnicismi e quindi non semplice da gestire soprattutto per noi attori professionisti che venivamo dal teatro e che ci siamo affidati completamente alla verità, agli elementi vivi che ci trasmetteva Dario e alla stessa emotività che si creava sul set. Lavorare così è stata davvero una scoperta ed è un’eccezione e rarissimi sono i registi che, come Dario, sanno guidare gli attori all’interno del proprio mondo. È stata davvero un’esperienza bellissima”. Nel percorso distributivo di Manuel, passato molto all’estero oltre che in Italia, hai trovato differenze nelle risposte del pubblico? Hai riscontrato sensibilità diverse tra il pubblico italiano e quello europeo? “[Dario] Il problema è trovare lo spazio per mostrare l’opera. Fuori ci hanno chiamato moltissimo; quando, però, abbiamo avuto spazio anche qui in Italia poi la risposta è stata sempre molto positiva. Sicuramente la Francia ci ha dato una grande possibilità di farci vedere con tante sale, tanto pubblico”. “Complessivamente siamo contentissimi di come il film abbia girato: siamo andati a Venezia senza una distribuzione, abbiamo fatto il nostro percorso andando, appunto, fuori all’estero e quindi è spuntata anche una distribuzione, la Tucker Film, una distribuzione che seguo da tempo e che mi piace molto avendo già lavorato con altri indipendenti come Andrea Magnani e Alessandro Comodin (entrambi già ospiti del L’Aquila Film Festival, ndr!)”. Hai fatto la tua opera prima con un produttore storico come Angelo Barbagallo. Com’è stato il vostro rapporto? “[Dario] Conosco Angelo da tanto tempo; ha supervisionato un po’ tutto quello che ho fatto in passato. È stato tutto molto naturale, mi conosceva, sapeva cosa facevo e gli era piaciuto “La repubblica dei ragazzi”. Non ho sofferto l’ansia del trovare il produttore che investisse sull’opera prima… ci siamo ritrovati con una formula produttiva molto nelle mie corde, con un impianto da film indipendente, libero. In un certo senso per lui è stato un ritorno alle origini!”. Grazie Dario, grazie Alessandra! “[Dario e Alessandra] Grazie a voi!”. GAETANO MILINO