Giovedì 16 maggio 2019 il Salotto artistico – letterario “Civico 49” di Barrafranca (EN) ha avuto l’onore di presentare in anteprima l’ultimo saggio del socio Bobò Centonze dal titolo “Il lungo viaggio del megalitico: dal mediterraneo alle canarie”. Dopo i saluti del patrone di casa Gaetano Vicari, i presenti hanno assistito alla proiezione del video “Gli abitati megalitici in grotta nel nostro territorio”. Il video mostra tre importanti grotte che si trovano nel territorio barrese: la grotta dello schiavo in contrada Galati Nova, ribattezzata “La grotta di Barabba”; la grotta di Sitica-Torre e la grotta di “Al Gaziz” in contrada Rocche. A presentare l’ultima fatica dell’amico Bobò sono stati Carmelo Orofino e Filippo Salvaggio.
Riportiamo la nota introduttiva al saggio del prof. Centonze, condivisa da alcuni studiosi del territorio: architetto Pasquale Ingala; prof. Carmelo Orofino; prof. Filippo Salvaggio; dott. Salvatore Palascino e dott. Paolo Colianni. «Il saggio si presenta come un lungo viaggio megalitico alla ricerca di un collante documentale che copre una fascia geografica segnata da affinità antropologiche con i Guanches e con il Cro-Magon caucasiano, culturali-linguistici con grabados e con graffiti mediterranei, etnologiche con le vergini Harimaguadas e con canti e con ‘bayle a rueda’ o contradanza siciliana, preistoriche con le piramidi europee e con la presenza nuragica di un esemplare nella spiaggia di Santiago de Tenerife ma, soprattutto, con los mumios del ‘Museo de hombre y de la naturaleza’ di Santa Cruz deTenerife, storiche fenice-romane con la presenza del ‘Silbo’ della Gomera o di ciò che resta della lingua di una civiltà autoctona detta ‘Lengua cortada’ e tutelata come patrimonio immateriale dell’UNESCO, nonché della storia medievale con la prima ed unica opera medievale il ‘De Canariis’ di Giovanni Boccaccio del 1341.
L’interesse di un popolo, rimasto all’età della pietra, susciterà curiosità culturali nell’homme sauvage di J. J. Rousseau e nella sociologia, dei secoli che seguiranno, per la valorizzazione della donna e della sua sessualità, vista come evento umano e non solo socio-religioso. È interessante sottoporre le divinità mediterranee e megalitiche in una sincresia temporale che si estenderà al cristianesimo, passando dalle Veneri unipartogenetiche alla purezza delle Madonne come ‘La Candelaria’ e la ‘Chaxiraxi’ dei Guanches, antesignane dei nostri culti della ‘Sagrada familia’ spagnola. Il saggio segna il fascino di un popolo rimasto all’età della pietra e costretto a combattere, dopo la scoperta ‘a pedratas y bastonazos’ ma destinato a scomparire nello sterminio di un processo di colonizzazione europeo che non ha lasciato nessuna scelta. Restano avari documenti del passato e una religione che accomunavano, attraverso la dea Madre, i popoli del Mediterraneo e del megalitico con le relative tecniche di inumazioni riconducibili a quelle castellucciane e, forse, a tecniche rudimentali di mummificazioni note nelle civiltà più evolute del nostro bacino. L’immagine della dea Madre è simile alla Tanit cartaginese, alla Ishtar fenicia e ai vari tophet che riscontriamo nelle necropoli dell’‘Africa proconsularis’ ma, soprattutto, in Sicilia che resta il vero collante di tutti i popoli mediterranei.
Altri elementi di affinità troviamo tra le due isole vulcaniche di Tenerife col Teide e della Sicilia con l’Etna. Entrambi, oltre ai tesori di mineralogia, nascondono nelle loro visceri mitologie e divinità infernali che disturbano il naturale processo stagionale di produzione: il Teide nasconde il dio del Male, Guayota mentre l’Etna ha il suo fabbro in Plutone che interrompe la felicità nella terra col ratto di Proserpina, suscitando le ire della dea-madre Cerere. È a questa dea che il presente saggio si rivolge per segnare un grande processo cronologico e megalitico di una nuova era. Cerere fissava le civiltà nomadi e pastorali istituendo regole nel tempo e nel sociale di cui l’istituto giuridico del matrimonio attraverso il rito delle ilogenie e delle acque pure seguite dalle antesterie. Le prime indiziavano la cattura del tempo segnandolo in calendari megalitici e solari al fine di stabilire le stagioni per i lavori dei campi nei due solstizi invernali ed estivi mentre le seconde entrano nei meriti dell’istituzione della famiglia e di tutti i rapporti ad essi collegati. Lo studio della cattura del tempo consacra la presenza dell’uomo nell’Universo e del suo relativo studio che vede inizialmente un mistero nelle costellazioni ma riesce, col tempo a creare vere scienze positive, divinizzate ma sempre con simbologie astronomiche antropiche (Gemelli, scorpione, gran carro ecc.). Come confrontarsi con il fascino dell’Universo? Quali sono i punti più felici di osservazione?»
La presentazione ufficiale sarà lunedì 27 maggio 2019 al Palagiovani di Viale Signore Ritrovato Barrafranca (EN) a partire dalle ore 18.00. (Foto Gino Crapanzano)
Rita Bevilacqua