Siciliani e Sicilianità: “Hannu a passari sti vintinovi anni, unnici misi e vintinovi jorna!”

Siciliani e Sicilianità: “Hannu a passari sti vintinovi anni, unnici misi e vintinovi jorna!”

Chi lo ricorda? Chi non ha mai detto, sospirando, “Hannu a passari sti vintinovi anni, unnici misi e vintinovi jorna!”. Con questo detto, che riprende gli ultimi versi di un antico canto siciliano di carcerati conosciuto come “Buttana di to mà!”, il siciliano intende ironizzare su se stesso quando si trova in una condizione che non consente fuga, destinata però a finire. Prima o poi il giorno tanto desiderato arriverà!. L’attesa è lunga e il conto alla rovescia aiuta a lenire la sofferenza dell’attesa.

Il detto lo ritroviamo anche nel libro “Occhio di Capra” di Leonardo Sciascia pubblicato nel 1984. Il canto del carcerato è divenuto famoso grazie alla splendida voce di Rosa Ballistreri.
La traccia “Buttana di to mà!” (così conosciuto il canto) si trova nell’album “Noi siamo nell’inferno carcerati” inciso dalla Ballistreri nel 1974.

Una persona è stata condannata a trentanni di carcere. Dopo solo un giorno trascorso in cella, inizia a contare il tempo che ancora gli rimane da vivere in quel luogo, cantando questa canzone:

Buttana di to mà ‘ngalera sugnu

Senza fari un millesimu di dannu

Tutti l’amici mia cuntenti foru

Quannu carzarateddu mi purtaru

Tutti lì amici mia ‘nfami e carogna

Chiddu ca si manciau la castagna

Quannu arristaru a mia era ‘nuccenti

Era lu jornu di tutti li santi

Nun sugnu mortu no! Su vivu ancora

Ogliu ci nn’è e la lampa ancora adduma

Si voli Diu e nesciu di sta tana

Risposta cci haju a dari a li ‘nfamuna

Hannu a passari sti vintinov’anni

Unnici misi e vintinovi jorna!.

(Puttana di tua madre in galera sono
Senza fare un minimo di danno
Tutti gli amici miei contenti erano
Quando in galera mi portavano
Tutti gli amici miei infami e carogne
Quello che si è mangiata la castagna
Quando mi hanno arrestato ero innocente
Era il giorno di tutti i Santi
Non sono morto no! Sono vivo ancora
L’olio c’è, e la lampada ancora accende!
Se Dio vuole ed esco da questo buco
Risposta devo dare agli infami
Dovranno passare questi ventinove anni
Undici mesi e ventinove giorni!).

Il canto si apre con una imprecazione che il siciliano pronuncia contro chi gli ha recato danno, causandogli lo stato di malessere in cui si trova Egli si considera innocente, ma qualche amico infame l’ha tradito.  Il canto continua con la speranza che Si voli Diu e nesciu di sta tana  darà risposta ai suoi nemici. Il tutto si chiude con il conto alla rovescia dei giorni che ancora dovrà scontare, con la consapevolezza che  quella vita prima o poi finirà.

Rita Bevilacqua

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