“U lavuriddi” di San Giovanni Battista

“U lavuriddi” di San Giovanni Battista

- in Tradizione
U lavuriddu (foto dal web)

Uno dei Santi più misteriosi e amati dalla cultura popolare siciliana è San Giovanni Battista che la Chiesa festeggia il 24 giugno. Il nome Giovanni deriva dall’ebraico “Jòhànàn” che significa “Dono di Dio”. E’ considerato l’ultimo profeta del Vecchio Testamento e il primo discepolo di Gesù, perché gli rese testimonianza ancora in vita. San Giovanni è l’unico santo, assieme alla Madonna e a Gesù, del quale si celebra la nascita terrena (in genere è celebrata la morte terrena, intesa come nascita celeste). La data è calcolata secondo quella ipotetica di Gesù: se questi nacque il 25 dicembre, quella di Giovanni doveva essere celebrata sei mesi prima, com’era stato annunziato dall’angelo Gabriele a Maria.

La festa di san Giovanni coincide con il “solstizio d’estate” un rito di passaggio che porta la terra dal predominio lunare (tipico della stagione invernale) a quello solare, nella notte più breve dell’anno. Secondo un’antica credenza il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua): da qui i riti e gli usi dei falò e della rugiada, presenti nella tradizione contadina e popolare. Non a caso gli attributi di S. Giovanni sono il fuoco, simbolo della luce divina che Giovanni predicava e l’acqua, con cui egli battezzava. Questo ha fatto si che attorno al Santo si creasse un alone di mistero, in cui riti religiosi si mescolano a riti popolari. In Sicilia, san Giovanni è patrono dei compari e delle comari.

Tante le tradizioni popolare che, anticamente, si svolgevano in questo giorno. Una di queste è “U lavuriddu di sangiuvanni” che si svolgeva a Barrafranca (EN) fino a qualche decennio. La tradizione “du lavuriddu” (chicchi di grano fatti germogliare al buio, i cui filamenti erano legati con nastrini colorati).  In Sicilia si ritrova durante il Giovedì Santo, mentre a Barrafranca era preparato anche in occasione della festa di San Giovanni. Alcune settimane prima della festa i contadini preparavano “u lavuruddu” ottenuto seminando, in vasi o in piatti di terraglia (quelli in cui le famiglie mangiavano) i semi di grano sopra uno strato di stoppa o canapa o cotone, mantenuto bagnato per far si che germogli e riposto al buio perché cresca di un bel colore giallo paglierino, evitando che la fotosintesi clorofilliana lo faccia diventare verde. Appena pronto, attorno ai germogli veniva legata una “zagaredda colorata” (nastrino), in genere “i zagareddi di Sanfulì” ossia quelli acquistati e benedetti durante la) durante la festa di San Filippo Apostolo del 1° maggio ad Aidone (EN).

La mattina del 24 si usava fare una particolare questua: i ragazzini con un piatto di “lavuriddu” andavano di porta in porta da parenti e amici per farsi tagliare in testa un ciuffo di “lavuriddu” in senso ben augurale. Dopo il ragazzino otteneva in dono pochi spiccioli o un santino. Si trattava di un rito vigente soprattutto nelle campagne, con il preciso compito di creare solidarietà sacra e quindi inscindibile in seno alla popolazione contadina. Alcune donne, invece, tagliavano alcuni ciuffi di steli germogliati per intrecciarli, legandoli con una zagaredda colorata, da regalare alle comari.

Il rituale ha un’origine pagana dato l’utilizzo du lavuriddu, che rappresenta “Il giardino di Adone”, preparato in occasione della festa di Adone, divinità greca del risveglio della natura, simboleggiato dal chicco di grano che, lasciato maturare al buio, rinasce a nuova vita, germogliando in nuovi filamenti. Nell’antica Grecia le donne lo preparavano in onore del giovane dio, i cui festeggiamenti avvenivano sia il primo giorno di primavera che a inizio estate. Da qui l’utilizzo di questa pratica pagana associata a san Giovanni, posto a guardia del “solstizio estivo”, ossia del passaggio dalle tenebre alla luce. La voglia di comprendere il ciclo delle stagioni, dei grandi mutamenti della natura, ha sempre incuriosito la mente umana, la quale ha creduto di poter controllare, con riti magici, la natura. Ben presto, come scrive J.G. Frazer: «…il lento progredire della coscienza, convinse la parte più riflessiva dell’umanità che l’alternarsi di estate e inverno, di primavera e autunno, non era solo il risultato delle pratiche magiche; che una causa più profonda, un potere più forte era all’opera dietro il mutevole scenario della natura…L’uomo ora attribuiva il ciclo annuale dei mutamenti ad analoghi mutamenti nei suoi dei…».

Fonti: “San Giovanni Battista e alcune tradizioni barresi” di Rita Bevilacqua pubblicato il 24 giugno 2019 sul blog- Il mio paese Barrafranca; “Cumpari e sangiuvanni” di Rita Bevilacqua pubblicato nella rivista ARCHEO NISSENA numero unico, Caltanissetta, anno 2015; James George Frazer “Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione”, Bollati Boringhieri, 2012.

Rita Bevilacqua

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