PIETRAPERZIA. Riassunto del libro “Di notte…..le stelle” – autrice Filippa La Porta.

PIETRAPERZIA. “Di notte… le stelle” non è un racconto fantastico o una bella fiaba in cui tutti vissero felici e contenti, e non è neanche un semplice testo narrativo sulla migrazione, ma l’autrice La Porta,con una scrittura semplice, ma carica di sentimento e di coinvolgimento emotivo, ha dato voce ad un migrante ghanese, Faisal Igala, un uomo che ha lasciato la sua terra ed ha affrontato le peripezie della traversata in mare alla ricerca di un futuro migliore, ma per lui si sono aperte le porte del carcere di Enna, in quanto “accusato di omicidio plurimo doloso, pluriaggravato da motivi abietti e futili e dalle circostanze di tempo e di luogo”. L’autrice racconta: “Da docente ho varcato la soglia della Casa Circondariale “Luigi Bodenza” di Enna nel settembre del 2015, con una immensa tristezza in un certo incedere, vedendo chiudere alle mie spalle ben sette, dico sette, tra porte di ferro blindate e pesanti cancelli. Nell’attimo eterno in cui un minuto sembrava non passare mai, quegli occhi, quei sorrisi forzati dei detenuti pentiti, in penitenza costante, si scagliavano prepotentemente squarciando il velo della mia quotidianità e aprendo scenari che mai avrei potuto immaginare… Abbracciando nello stesso sguardo quelle coscienze imbrigliate nei reati commessi, provavo ad affrancarle da quelle travagliate esistenze oppresse dai sensi di colpa, accompagnandole, tra una lettura e l’altra, lungo quella stagione così complessa che è la vita. Ed è stato in quel luogo alienante che ho conosciuto Faisal”. Nel libro l’autrice ha ricostruito la vicenda personale di Faisal, svelando, con dovizia di particolari, la situazione kafkiana in cui si è ritrovato; una storia complessa che affonda le sue radici in Ghana, in cui musulmani e cristiani vivevano pacificamente all’insegna della tolleranza, della fratellanza e della solidarietà. Faisal racconta la sua infanzia. Un ragazzo di colore proveniente dal Ghana, educato in una famiglia che, nonostante tutto, conduceva una vita serena e dignitosa. Una famiglia numerosa con un padre severo che diventa spesso manesco alle sue tante bugie. Faisal cresce con una disciplina quasi militare. Il suo unico atto di disobbedienza era quando percorreva chilometri a piedi per raggiungere il mare. “Il mare… Quell’immensa distesa azzurra, che si apriva davanti ai miei occhi in un infinito abbraccio col cielo, aveva per me un fascino arcano e ammaliatore. Adoravo sentire la sabbia scottare sotto i miei piedi e il rumore delle onde che prepotentemente si infrangevano sulla riva nelle ventose giornate di agosto”. L’andamento familiare peggiora con le crisi economiche del Ghana e la difficoltà del padre a trovare un lavoro. “Erano gli anni Ottanta e in Ghana c’era una rivoluzione in corso che stava cambiando tutto, in seguito alla crisi economica e alla corruzione nell’amministrazione pubblica”. Faisal a diciannove anni, con la tristezza nel cuore di ogni migrante lascia la madre, la casa, abbandona il suo paese e si trasferisce in Libia che raggiungerà attraversando il deserto. In Libia, dove vi rimane per quattro anni, prima della rivoluzione e la caduta di Gheddafi, si inserisce subito, viene accolto come un fratello, trova un lavoro e con quello che guadagna riesce ad aiutare la sua famiglia. Dopo qualche anno la situazione politica cambia. Sulle emittenti televisive CNN, Al Jazeera e BBC, circolavano alcune notizie inquietanti. “Si era diffusa la notizia che Gheddafi si stesse avvalendo di truppe paramilitari mercenarie di origine sub-sahariana per uccidere i suoi oppositori”.Campagne di accuse a paesi stranieri causano un clima di diffidenza e di odio verso la gente di colore. Faisal capisce allora che per un africano rimanere in Libia sarebbe stato molto pericoloso. Vedeva quotidianamente la morte in faccia. “Gente armata che non esitava a sparare, kalashnikov, urla, grida di dolore. Di giorno, di notte ….. bombardamenti”. La rivoluzione, le violenze e la caduta di Gheddafi fanno decidere Faisal ad abbandonare la Libia. Un’impresa che si presenta subito difficile e piena di ostacoli; il paese è chiuso, anche riattraversare il deserto verso sud, attraverso il Niger, non è possibile. Unica via di fuga è il Mediterraneo. A Faisal la traversata verso il “sogno dell’Italia” sembra facile, ha denaro a sufficienza e la volontà di mettersi in salvo. Con tanta speranza nel cuore e tanta voglia di libertà, scaccia la paura. Con 500 dinari dati ad uno scafista il 30 luglio 2011 da Tripoli il barcone con 400 migranti a bordo,in fuga da guerre, persecuzioni e fame, salpò “avviandosi alla volta del sogno italiano”. Erano tutti africani, ma le loro lingue erano diverse (le varie lingue africane) e c’erano anche arabi, francofoni, chi parlava inglese.
La testimonianza di Faisal sul viaggio di questi tanti disperati, uomini, donne, bambini piccolissimi, è un incubo drammatico e angoscioso che nessuno dovrebbe mai essere costretto a vivere. Durante la traversata un’onda gigante colpisce violentemente il barcone. L’avaria dell’imbarcazione, porterà alla morte molti di loro a causa del freddo, la fame, la sete, la paura e a momenti di follia e di ferocia al punto che un Ghanese viene gettato in mare vivo, con le mani legate, da un nigeriano. “Non riuscivo a capacitarmi del fatto che qualcuno, spinto dalla disperazione e dallo spavento, potesse arrivare ad uccidere un altro essere vivente”. Dopo molti giorni di deriva le motovedette italiane salveranno i superstiti: Faisal è uno di loro. “Un incubo era finito. Un altro era appena iniziato”. Alla gioia di essersi salvato segue quasi subito il tormento e la sofferenza del carcere. Viene accusato di omicidio e di delitti che non ha commesso; rischiava l’ergastolo e, condannato in primo grado da innocente a14 anni, viene rinchiuso nella Casa Circondariale “Luigi Bodenza” di Enna. “Nei primi tre mesi da recluso, la sofferenza mi attanagliò il cuore. Ero stato accusato di un reato gravissimo. Ero stato accusato di omicidio. Ma io ero innocente e il solo pensiero dell’imputazione mi toglieva ogni alito vitale. Non mangiavo e non dormivo più. Ero considerato un criminale e non avevo modo di spiegare e di far comprendere a tutti la mia innocenza… Mi sentivo un morto. Come un morto che sottoterra non respira più. Sepolto vivo”. Durante la carcerazione Faisal fa tesoro dei diversi insegnamenti, impara a cucinare, a leggere e parlare l’italiano, e questo gli permette di lavorare ed entrare in contatto con insegnanti ed educatori, capaci di ascoltarlo e consigliarlo. Faisal è un giovane che non si rassegna, fiducioso nella Legge. La sua detenzione è ingiusta, tanto che dopo quattro anni Faisal avrà finalmente giustizia, grazie all’impegno del suo legale, avvocato Andrea Di Salvo che, superati i pregiudizi iniziali, si convince dell’innocenza del ragazzo facendosi carico del caso umano, prima che giudiziario. “Faisal è stato assolto per non aver commesso il fatto”. (Faisal sarebbe stato assolto perché da buon musulmano, come tale, non avrebbe potuto commettere omicidi per superstizione o per riti magici, e perciò credibile, a differenza di altri accusati, suoi compagni di traversata, poi condannati definitivamente, ma di religione cristiana. Nel barcone c’era chi credeva nei riti magici voodoo, secondo cui alcune persone avevano il potere di fare del male e di uccidere). “Faisal nasceva per la seconda volta il 15 dicembre 2015”.”La mia vita stava iniziando di nuovo….”Dopo l’assoluzione, Faisal è un uomo libero. Conoscendo 8 lingue, ha trovato un lavoro come mediatore culturale e vive a Enna. Ha conosciuto e si è innamorato di una ragazza, una operatrice del centro di accoglienza, e con lei è nato un grande amore. Faisal Igala, narrando “la sua vicenda, ha messo a nudo la sua anima e ha trasmesso ai lettori i valori dell’umiltà e del coraggio di fronte alle avversità della vita”. “A te, caro lettore, che adesso sai la mia storia, voglio trasmettere un messaggio: qualsiasi cosa accada nel percorso della tua esistenza, lascia tutto nelle mani di Dio. Bisogna accettare le sfide ed andare avanti senza fermarsi mai. Camminare ed andare avanti, oltre le intemperie della vita. E quando sarai stanco e triste, rivolgi gli occhi al cielo. Di notte ci saranno sempre …… le stelle”. GAETANO MILINO