I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Enna,
coordinati dalla locale Procura della Repubblica, nell’ambito del
contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione, hanno denunciato
due addetti alla gestione del centro di raccolta rifiuti di Nicosia per
essersi impossessati di merce contraffatta confiscata e loro affidata
per la distruzione.
L’originaria attività di servizio, infatti, costituita da un sequestro
di capi di abbigliamento recanti il marchio contraffatto di note
_griffe_ internazionali operato mesi or sono dai Finanzieri della
Tenenza di Nicosia, si è conclusa, come disposto dall’Autorità
Giudiziaria e data l’impossibilità di asportare il marchio falso dai
singoli capi per recuperarli ad usi caritatevoli, con la consegna dei
vestiti confiscati al personale del centro comunale di raccolta dei
rifiuti, per la successiva distruzione a cura degli addetti.
Il singolare interesse manifestato all’atto della consegna dai due
indagati con riguardo alla merce da distruggere affidata loro,
accompagnato da talune pretestuose domande rivolte ai militari
operanti,
ha tuttavia ingenerato nei Finanzieri il sospetto che parte della
stessa
avrebbe potuto essere illecitamente sottratta alla materiale
distruzione
per essere destinata a scopi diversi.
Sospetti che hanno trovato riscontro in seguito ad una accurata
attività di osservazione e pedinamento immediatamente avviata dalle
Fiamme Gialle nicosiane nei confronti dei due uomini, incaricati di un
pubblico servizio, colti – dopo alcuni giorni – nell’atto di prelevare
dagli uffici del centro di raccolta e caricare in automobile alcuni
scatoloni. La successiva perquisizione dei luoghi nella disponibilità
degli stessi, ha consentito così di scoprire all’interno dei cartoni
una parte dei capi di abbigliamento che _cartolarmente_, invece,
risultavano già distrutti qualche giorno prima.
Contestualmente ad un nuovo sequestro di tali beni, si è proceduto
alla denuncia a piede libero all’Autorità Giudiziaria, per il reato di
peculato, dei due responsabili, che rischiano ora la pena della
reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi. GAETANO MILINO