Il Comando Provinciale Carabinieri di Enna ricorda il drammatico fatto di sangue e traccia la figura del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Ricorre il 3 settembre 2022 il quarantennale dell’omicidio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Figlio di un generale dei Carabinieri,Romano dalla Chiesa, nacque a Saluzzo il 27 settembre1920 e arruolandosi nel 1941 – dapprima nel Regio esercito e l’anno successivo transitando nell’Arma – prese parte alla Seconda Guerra Mondiale, con il grado di sottotenente. Dopo la guerra combatté il banditismo prima in Campania e successivamente in Sicilia, venne infatti dapprima destinato al Comando Compagnia di Casoria, in provincia di Napoli. Durante la permanenza a Casoria si distinse nelle operazioni di lotta al banditismo e, nel1948, fu al comando di una Compagnia a Firenze. Per l’esperienza a Casoria fu inviato, nel1949, con il grado di capitano, in Sicilia, al Comando forze repressione banditismo, agli ordini del colonnello Ugo Luca, formazione interforze costituita per eliminare le bande di criminali nell’isola, come quella del bandito Salvatore Giuliano. Successivamente comandò il Gruppo Squadriglie di Corleone e svolse ruoli importanti meritando peraltro una medaglia d’argento al valor militare. In quel periodo indagò anche sulla scomparsa a Corleone, poi rivelatasi omicidio, del sindacalista Placido Rizzotto, giungendo a indagare e incriminare l’allora emergente boss della mafia Luciano Liggio.Dopo aver rivestito vari incarichi a Firenze, Como, Roma e Milano, tra il 1966 e il 1973 fu nuovamente in Sicilia con il grado di colonnello. Divenuto generale di brigata a Torino dal 1973 al 1977, fu protagonista della lotta contro le Brigate Rosse e su sua proposta venne creato il “Nucleo Speciale Antiterrorismo“attivo tra il 1974 e il 1976. Promosso generale di divisione, fu nominato nel 1978 coordinatore delle forze di polizia e degli agenti informativi per la lotta contro il terrorismo, con poteri speciali. Dal 1979 al 1981 comandò la Divisione Pastrengo a Milano e, tra il 1981 e il 1982, fu vicecomandante generale dell’Arma. Il 6 aprile 1982 venne nominato Prefetto di Palermo con l’incarico di contrastare Cosa nostra, così come aveva fatto nella lotta al terrorismo. Il 30 aprile successivo s’insediò nel nuovo incarico, giorno dell’omicidio di Pio La Torre, che era tra coloro che avevano sostenuto la sua nomina a prefetto. Il 5 maggio 1982, giorno in cui fu collocato in ausiliaria con il grado di generale di corpo d’armata, egli tenne il discorso di commiato dall’Arma presso il Comando Generale. Il tentativo dell’allora governo Spadolini I era quello di ottenere contro Cosa nostra gli stessi brillanti risultati ottenuti contro le Brigate Rosse. Dalla Chiesa inizialmente si dimostrò perplesso su tale nomina, ma poi venne convinto dal ministro Virginio Rognoni, che gli promise poteri fuori dall’ordinario per contrastare la guerra tra le cosche che insanguinava l’isola. Nel capoluogo siciliano fu ucciso solo pochi mesi dopo il suo insediamento, nella strage di via Carini in cui morirono anche la moglie, Emanuela Setti Carraro, e l’agente di scorta, Domenico Russo. Erano da poco trascorse le 21 del 3 settembre 1982, ventiquattro giorni prima del suo sessantaduesimo compleanno, quando la “A112” sulla quale viaggiava il prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, fu affiancata da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che uccisero il prefetto e la moglie. Fu insignito di numerose onorificenze tra le quali la Medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione “Durante nove mesi di lotta contro il banditismo in Sicilia cui partecipava volontario, dirigeva complesse indagini e capeggiava rischiosi servizi, riuscendo dopo lunga, intensa ed estenuante azione a scompaginare ed a debellare numerosi agguerriti nuclei di malfattori responsabili di gravissimi delitti. Successivamente, scovati i rifugi dei più pericolosi, col concorso di pochi dipendenti, riusciva con azione rischiosa e decisa a catturarne alcuni e ad ucciderne altri in violento conflitto a fuoco nel corso del quale offriva costante esempio di coraggio”. Altre onorificenze quella di Grande Ufficiale dell’Ordine militare d’Italia con la seguente motivazione “Ufficiale generale dell’Arma dei Carabinieri, già postosi in particolare evidenza per le molteplici benemerenze acquisite nella lotta per la resistenza e contro la delinquenza organizzata, in un arco di nove anni ed in più incarichi – ad alcuni dei quali chiamato direttamente dalla fiducia del governo – ideava, organizzava e conduceva, con eccezionale capacità, straordinario ardimento, altissimo valore e supremo sprezzo del pericolo, una serie ininterrotta di operazioni contro la criminalità eversiva. Le sue eccelse doti di comandante, la genialità delle concezioni operative, l’infaticabile tenacia, in momenti particolarmente travagliati della vita del paese e di grave pericolo per le istituzioni, concorrevano in modo rilevante alla disarticolazione delle più agguerrite ed efferate organizzazioni terroristiche, meritandogli l’unanime riconoscimento della collettività nazionale. Cadeva a Palermo, proditoriamente ucciso, immolando la sua esemplare vita di ufficiale e di fedele servitore dello stato” e la Medaglia d’oro al valor civile “alla memoria” con la seguente motivazione “Già strenuo combattente, quale altissimo Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l’incarico, come prefetto della repubblica, di respingere la sfida lanciata allo stato democratico dalle organizzazioni mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il paese. barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle istituzioni, vittima dell’odio implacabile e della violenza di quanti voleva combattere”. Numerose sono le iniziative in ricordo del Generale dalla Chiesa che si terranno a Palermo e che vedranno la presenza dei vertici delle Istituzioni nazionali. GAETANO MILINO