IL SALOTTO ARTISTICO-LETTERARIO “CIVICO 49” rende omaggio all’artista DON GIUSEPPE BONFIRRARO.

IL SALOTTO ARTISTICO-LETTERARIO “CIVICO 49” rende omaggio all’artista DON GIUSEPPE BONFIRRARO.

- in Barrafranca, Civico 49, Cultura

Salotto artistico-letterario "Civico 49"Barrafranca (EN).  Anticipata mercoledì 16 dicembre 2015, la riunione degli amici del Salotto Artistico-Letterario “Civico 49” è stata dedicata all’artista barrese Sac. don Giuseppe Bonfirraro (13 Marzo 1939-16 dicembre 2009), di cui ricorreva il sesto anniversario della morte. Nel ricordare la figura complessa di Giuseppe Bonfirraro, uomo, sacerdote e artista, i membri del Salotto artistico-letterario “Civico 49” hanno messo in luce alcuni dei molteplici aspetti dell’espressione artistica di questo grande pittore, con la presentazione di alcuni suoi quadri: un suo ritratto (in cui eccelleva sia nel cogliere la somiglianza fisica esteriore del soggetto, sia l’interiorità del  carattere), due suoi paesaggi (di cui uno a spatola e un altro eseguito con tocco leggero, quasi “in punta di dita”) e un delicato profilo di donna che emerge dal buio. Numerosi e toccanti sono stati gli interventi, tra cui quello del prof. Diego Aleo che ha ricordato alcuni episodi della vita in seminario di padre Bonfirraro, quello del prof. Carmelo Orofino che ha messo in luce il suo carattere socievole e gioviale, e quello dell’ins. Gino Strazzanti che ha ricordato il suo rapporto, non sempre sereno, con i confratelli. Salotto artistico-letterario "Civico 49"Come introduzione all’argomento, il padrone di casa Gaetano Vicari, che ha avuto una grande amicizia e familiarità con Padre Giuseppe  Bonfirraro nonché un lungo e fruttuoso sodalizio artistico, ha fatto leggere all’ins. Jole Virone un  ricordo  da lui scritto subito dopo la morte dell’amico, di cui  riportiamo i passi più significativi:

A DON GIUSEPPE BONFIRRARO PARROCO DELLA PARROCCHIA MARIA S.S. DELLA STELLA DI BARRAFRANCA, ED AMICO

… La sua esistenza è stata accompagnata per molti anni dalla malattia, che egli ha trascurato per gli impegni del suo ministero sacerdotale, al quale consacrava tutto se stesso, con una dedizione totale. Non ricordo in quanti ospedali sia stato ricoverato, o quanti interventi, sempre più lunghi e dolorosi, abbia subito: ogni volta però ritornava, come ricaricato di novello fervore, per dedicare la sua vita alla gente, specialmente ai bisognosi.  A molti che lo osservavano dall’esterno il suo comportamento sembrava contraddittorio. Egli, che aborriva le ingiustizie, si offriva di segnalare dei “padri di famiglia” disoccupati a datori di lavoro, ai quali a sue spese regalava dei dipinti per far ottenere loro un impiego anche temporaneo…! Quante persone ha “raccomandato”, quanti dipinti ha dato !…non sapeva dire di no a nessuno, forse per timidezza o per non dispiacere gli altri. Se ne aveva occasione, tuonava dal pulpito dicendo la “ sua verità”, senza false ipocrisie. “La verità vi rende liberi”, soleva dire; altre volte non aveva il coraggio di parlare, e si trincerava in complimenti esagerati ed ossequiosi. Quando si arrabbiava, s’indignava o si amareggiava per il comportamento di alcuni, specialmente delle persone a lui più vicine, dalle quali pretendeva una vita integerrima come la sua, reagiva a volte in modo esagerato. Il male intanto avanzava inesorabilmente, minava il suo viso e il suo corpo, ma non scalfiva il suo spirito, il suo entusiasmo e il suo offrirsi interamente al prossimo e alla Parrocchia, che considerava come la sua seconda casa. Dopo un primo periodo di cecità completa alla quale si era a stento rassegnato, con un intervento innovativo in una clinica di Roma riuscì a riacquistare la vista di un occhio, con la speranza di vederci anche dall’altro. Ed ecco un nuovo tempo di fervore e d’impegno artistico, durante il quale creò i suoi ultimi dipinti, mai risparmiandosi nel suo ministero pastorale, per il quale elargiva tutti i suoi averi, nulla serbando per sé, neanche per i bisogni essenziali e per le cure necessarie. Viveva alla giornata, donando o spendendo tutto ciò che aveva, con una generosità che a volte rasentava la prodigalità; non accumulava per sé (.. non accumulate tesori sulla terra…), non pensava al suo domani, ma confidava nella Provvidenza (…dacci oggi il nostro pane quotidiano…).  Era un prete fuori dagli “schemi”, spesso scomodo: denunciava dal pulpito le ingiustizie e le arroganze dei potenti e dei politici, a volte tuonava contro “i mercanti del tempio”. Dava tutto al prossimo ed alla chiesa, viveva del necessario, era povero: per questo era “mormorato”; era ben voluto da alcuni, e mal sopportato da altri. Con il tempo la malattia andava aggravandosi. Perse di nuovo la vista e questa volta per sempre.  Ogni volta che andavo a trovarlo e mi accomiatavo da lui, mi salutava con queste parole: “Professore, preghi per me!” Durante la lunga malattia, le visite degli amici, dei conoscenti, dei confratelli e dei parenti andavano scemando fino a rimanere i più intimi a visitarlo regolarmente. Di questo un po’ si rammaricava e mi ripeteva  il famoso proverbio: “I veri amici si vedono nel bisogno”. Negli ultimi tempi restammo in pochi a frequentarlo, anche perché il suo viso corroso era inguardabile. Io, quando andavo a visitarlo, mi accorgevo che il suo spirito perdeva man mano la forza di resistere, ma manteneva la “dignità” di vivere, se pur nella sofferenza silenziosa e nella  solitudine buia. “Mi fanno compagnia Gesù e la Madonna” si consolava, mettendosi tutto nelle loro mani . Gli ultimi giorni, quando la sofferenza ormai era indicibile, mai un lamento uscì dalla sua bocca, anche se ammetteva che “il mal di testa non lo abbandonava più! Durante la mia ultima visita, prima che io andassi  via, mi salutò pronunciando a stento queste parole: “Grazie.., professore!”

      Grazie a te, padre Bonfirraro
– per averci insegnato ad amare la vita, nonostante tutto
– per averci insegnato a non perdere la dignità, anche nella sofferenza
– per averci insegnato ad indignarci di fronte alle ingiustizie
– per averci insegnato a confidare nella Provvidenza
– per averci insegnato ad anteporre a tutto il rispetto della persona
– per averci insegnato ad amare gli altri, soprattutto gli umili, come noi stessi
– per averci insegnato a non aver paura di dire la verità
– per averci insegnato che la vera fede smuove le montagne
– per averci insegnato che le vere ricchezze sono quelle del Cielo
Grazie!

Rita Bevilacqua

 

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