Il 05 febbraio la Chiesa festeggia una delle prime martiri siciliane, la giovane Agata della città di Catania, nel giorno del suo martirio (5 febbraio 251). Le origini della venerazione a sant’Agata si fanno risalire all’anno seguente il martirio. Il popolo nutrì subito una grande devozione per la vergine Agata che si era votata al martirio pur di difendere il suo onore e di non abiurare alla sua fede. I primi festeggiamenti a sant’Agata, anche se non programmati, avvennero spontaneamente il 17 agosto 1126 quando le spoglie della Santa catanese, trafugate nel 1040, furono riportate in patria da due soldati, il provenzale Gisliberto e il pugliese Goselmo, dalla città di Costantinopoli. Il vescovo di Catania Maurizio si recò al castello di Jaci per accoglierle. Molti catanesi si riversarono nelle strade a festeggiare il ritorno delle reliquie della loro Agata. Il 17 agosto 1126 le reliquie rientrarono definitivamente nella Cattedrale di Catania. Dal o3 al 05 febbraio Catania dedica a Sant’Agata, patrona della città, una grande festa. Un fercolo d’argento “a vara”, con un busto contenente le reliquie della Santa, è instancabilmente portato in processione da centinaia di cittadini “devoti”, vestiti con il tradizionale “sacco” (tunica bianca stretta da un cordone, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi), aggrappati a due cordoni di oltre 100 metri. La vara è seguita da undici “cerei” o “cannalori”, alte colonne di legno che rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. I catanesi mostrano la loro devozione ripetendo, durante tutta la festa, l’invocazione “Je taliatila che bedda, Javi du occhi ca parunu stiddi, e na ucca ca pari na rosa. Semu tutti devoti tutti?”
03 febbraio: il primo giorno è riservato all’offerta delle candele. Una suggestiva usanza popolare vuole che i ceri donati siano alti o pesanti quanto la persona che chiede la protezione. Alla processione per la raccolta della cera, un breve giro dalla fornace alla cattedrale, partecipano le maggiori autorità religiose, civili e militari. Due carrozze settecentesche, che un tempo appartenevano al senato che governava la città, e undici “candelore”, grossi ceri rappresentativi delle corporazioni o dei mestieri, sono portate in corteo. Questa prima giornata di festa si conclude in serata con un grandioso spettacolo di giochi pirotecnici in piazza Duomo.
04 febbraio: il giro esterno. Già dalle prime ore dell’alba le strade della città si popolano di devoti che indossano il tradizionale “sacco” (un camice votivo di tela bianca lungo fino alla caviglia e stretto in vita da un cordoncino), un berretto di velluto nero, guanti bianchi e sventolano un fazzoletto anch’esso bianco stirato a fitte pieghe. Rappresenta l’abbigliamento notturno che i catanesi indossavano quando, nel lontano 1126, corsero incontro alle reliquie che Gisliberto e Goselmo riportarono da Costantinopoli. Tutti i devoti si recano alla Cattedrale per attendere l’uscita delle reliquie della Santa. Tre differenti chiavi, ognuna custodita da una persona diversa, sono necessarie per aprire il cancello di ferro che protegge le reliquie in cattedrale: una la custodisce il tesoriere, la seconda il cerimoniere, la terza il priore del capitolo della cattedrale. Quando la terza chiave toglie l’ultima mandata al cancello della cameretta in cui è custodito il Busto, e il sacello è aperto, il viso sorridente e sereno di sant’Agata si affaccia dalla cameretta nel crescente tripudio dei fedeli impazienti di rivederla. Luccicante di oro e di gemme preziose, il busto di sant’Agata è issato sul fercolo d’argento rinascimentale, foderato di velluto rosso, il colore del sangue del martirio, ma anche il colore dei re. Prima di lasciare la cattedrale per la tradizionale processione lungo le vie della città, Catania dà il benvenuto alla sua patrona con la solenne “Messa dell’Aurora”, celebrata da S.E. Mons. Arcivescovo. Tra i fragori degli spari a festa, il fercolo è caricato del prezioso scrigno con le reliquie e portato in processione per la città.
05 febbraio: il giro interno. La festa ha inizio la mattina con il solenne pontificale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, alla presenza del legato pontificio che è solitamente un cardinale. Partecipano il clero catanese al completo, le autorità civili e militari e il popolo dei fedeli. Nel pomeriggio, verso le diciotto, ha inizio il giro interno della città, che prevede via Etnea, fino alla villa Bellini, poi prende via Caronda fino a piazza Cavour, piazza Borgo, dove davanti alla Chiesa di Sant’Agata al Borgo, ha luogo uno spettacolo pirotecnico. Poi riscende per via Etnea fino ai “quattro canti”, dove si prepara a imboccare la difficile e spettacolare salita di via San Giuliano, fino alla sommità dell’incrocio con via Crociferi. Imboccando questa, il fercolo sosta davanti al Convento delle suore benedettine che, dietro i cancelli del sagrato del loro monastero, intonano dei canti a sant’Agata. Intanto si è fatto giorno, ossia la mattina del 06 febbraio, e il fercolo, scendendo da via Crociferi, si avvia verso la Cattedrale.
Rita Bevilacqua