Sopra e sotto il mare. Da una parte e dall’altra della costa. Come i pesci, ma anche come gli uccelli, o forse come le anime che tutti credono volino in cielo. E se si muore in mare?
Giovedì 11 maggio alle ore 20.30 arriva al Teatro Regina Margherita di “Lingua di cane” spettacolo nato in residenza artistica al Teatro Garibaldi di Enna ed inserito nella stagione firmata da Moni Ovadia e realizzata dal Comune grazie al supporto di Crodino e Caltaqua.
Il titolo dello spettacolo, scritto da Sabrina Petyx e diretto da Giuseppe Cutino (braccio destro della regista Emma Dante, anche alla Scuola dei Mestieri dello Spettacolo del Teatro Biondo di Palermo), trae spunto dal nome di quei pesciolini che vivono invisibili nei fondali sabbiosi, per affrontare, attraverso un parallelismo piuttosto azzeccato, il tema dei flussi migratori: quelli di ieri e quelli di oggi, che hanno visto e vedono, i siciliani protagonisti. Anche se in modo differente.
La pièce – che aveva aperto la stagione al Teatro Garibaldi di Enna, è frutto di ingegni artistici tutti autoctoni e ha segnato il ritorno di alcuni attori ennesi che si sono formati professionalmente fuori dalla Sicilia e che hanno intrapreso importanti percorsi artistici lontani dalla propria città. Oltre che per il coinvolgimento in prima persona dell’attore dell’attore ennese Franz Cantalupo, deus ex machina dello spettacolo, (coordinato a sua volta da Filippa Ilardo della Compagnia dell’Arpa, produttrice esecutiva), in scena ci saranno, infatti, lo stesso Cantalupo insieme a Elisa Di Dio, con i giovanissimi Sara D’Angelo, Noa Di Venti, Mauro Lamantia e Rocco Rizzo, tutti interpreti professionisti che hanno frequentato le più importanti scuole di teatro del Nord Italia, dal Piccolo di Milano alla scuola del Teatro Stabile di Torino, lavorando al fianco di importanti e rinomati registi.
«Lingua di cane è la lingua di chi non ha voce per parlare – scrivono Giuseppe Cutino e Sabrina Petyx – di chi ansima, di chi elemosina un pezzo di pane, di chi non merita un rispetto, una vita e una morte da uomo, come se uomo non lo fosse mai stato.
Ed è di questi viaggi senza un approdo, di questi desideri, di queste speranze, che non sono diverse da quelle di ciascuno di noi, che vogliamo parlare. Noi, che questi viaggi e queste morti le abbiamo conosciute, provate, che le abbiamo incise nel nostro albero genealogico, che abbiamo una storia fatta di croci da onorare, in Belgio, in America, in Australia, in Africa e persino in Italia… ».