di Paolo Coccorese e Giusy Fasano
Claudia è la mamma di un alunno dell’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Torino, la stessa scuola della maestra che la sera del corteo antifascista contro CasaPound urlava ai poliziotti «vigliacchi, mi fate schifo, dovete morire».
«Mio figlio è alle medie — racconta Claudia — e sentiva le urla arrivare dal piano delle elementari, di sotto, dove c’era lei. Gridava sempre e i bambini erano terrorizzati, finché un papà si è arrabbiato e allora finalmente l’hanno tolta dalla seconda B e adesso non so bene che cosa faccia…».
Fa ore di compresenza in una quinta classe, Lavinia Flavia Cassaro, la maestra che Matteo Renzi vorrebbe «licenziata su due piedi» dopo aver visto il servizio mandato in onda da Matrix domenica sera. In quel servizio lei, classe 1980, non soltanto augurava la morte agli agenti ma alle obiezioni del giornalista che le ricordava con disappunto il suo ruolo da insegnante e le diceva «è triste augurare a qualcuno di morire» ha risposto che «è triste sì, ma non è sbagliato, perché loro stanno proteggendo i fascisti e un giorno potrei trovarmi fucile in mano a combattere contro questi individui».
Legata al centro sociale Gabrio, ai No Tav, ai No Muos e, più in generale, all’aerea dell’antagonismo torinese, questa ragazza che si sgola a ogni corteo per far arrivare i suoi improperi a carabinieri o poliziotti, è un nome già annotato più volte dagli agenti della Digos. Più o meno sempre per lo stesso motivo: gli oltraggi urlati dal fronte dei manifestanti della prima linea.
Le immagini che pubblica sui suoi profili social mostrano striscioni e bandiere contro l’Alta velocità ma anche dimostranti in cortei vari o la A cerchiata dell’anarchia. In una fotografia che ha postato su Facebook la si vede d’estate, su un palco, davanti al microfono a cantare accanto (fra gli altri) a Maura Paoli, consigliere comunale torinese dei Cinque Stelle.
Ieri il ministero dell’Istruzione ha aperto il «caso Cassaro» chiedendo all’Ufficio scolastico regionale una relazione per valutare un eventuale provvedimento disciplinare contro la maestra. Non perché Renzi abbia chiesto la sua testa e, tutto sommato, nemmeno per l’inopportunità di dichiararsi insegnante mentre urlava di tutto e di più verso i poliziotti. Nella sua vita privata — è stata la prima valutazione — è libera di partecipare ai cortei che vuole e nei toni che preferisce. Ma certo era impossibile, dopo l’esplosione del caso, non farsi domande sulla sua capacità di mantenere la calma o di capire le necessità di bambini così piccoli.
(torino.corriere.it)