Tempo di Quaresima e tra i barresi cresce l’ansia di rivedere il SS Crocifisso che è portato in processione la sera del Venerdì Santo. La storia del ritrovamento del Crocifisso di Barrafranca (EN) è avvolta da un’aurea di mistero. La storia si basa su racconti popolari, tramandati oralmente e arrivati ai nostri giorni quasi inalterati.
Difficile datarne il ritrovamento. Secondo il Sac. Giunta, la data del ritrovamento è da attribuire a un’epoca antecedente al 1662; infatti scrive: «Negli atti di notar Scipione Sortino si trova che i confrati del SS. Crocifisso di S, Sebastiano gli vollero erigere una nuova cappella nel 1662». Secondo antica tradizione (tuttora riportata dietro il santino del SS Crocifisso) un certo Salvatore Ingala (recenti studi hanno ipotizzato che si chiamasse Antonio) stava arando il terreno sito in contrada “Rastrello” (adesso di proprietà della famiglia Vetriolo), quando la punta del vomere dell’aratro, trainato da una coppia di mule, spostò e sollevò una grande lastra di pietra.
Il contadino sentì il tonfo dovuto alla caduta di pietrame e capì che lì sotto c’era una fossa. Spostata la lastra, vide che sotto vi era una nicchia a forma di alcova su cui era appeso un Crocifisso, inchiodato dentro a una raggiera di forma ovale, ai cui lati erano accesi dei “lumeri di crita” ossia dei vasi di terracotta, su cui vi erano delle candele accese. Sempre seguendo la tradizione, il contadino, tornato a casa, riferì tutto allo zio Sac. Calcerano (secondo recenti studi lo zio non si chiamava Calcerano, ma il nome “calcerano” forse si riferisce a uno zio del signor Ingala che era cappellano al carcere di Barrafranca) che gli consigliò di andare a prenderlo e di consegnarlo a lui. Il Crocifisso fu portato in varie chiese del paese, appeso a un chiodo ma l’indomani veniva trovato a terra, finché non fu portato nella chiesa di San Sebastiano, oggi chiesa Madre, dove tuttora si trova. In tal senso significativa è un’intervista realizzata agli inizi degli anni ’80 dai professori Diego Aleo e Gaetano Vicari alla signora Rosa Ingala (1897-1982), discendente del contadino Ingala, in cui racconta le vicende del ritrovamento del Crocifisso. La signora Rosa riporta la versione della tradizione con un’unica eccezione: il contadino lo chiama Antonio e non Salvatore.
Da alcuni studi da me condotti, simili storie di ritrovamenti di statue del Crocifisso si ritrovano in altri paesi siciliani, con diverse varianti, ma con alcuni
elementi comuni. Ogni anno, la quarta domenica di maggio a Casteltermini (AG) si svolge la “Festa di Santa Croce”, conosciuta come la festa del Tataratà. La festa nasce dal rinvenimento di una croce di legno, sepolta in aperta campagna. Leggenda vuole che una vacca, ogni giorno, s’inginocchiasse in un preciso punto della campagna di Chiuddia, i pastori incuriositi scavarono in quel punto e trovarono la Croce. Nello stesso luogo fu eretto un eremo in suo onore. Dal ritrovamento della croce nasce quindi la festa di santa Croce, inizialmente celebrata con una festa campestre ogni giorno 3 del mese di maggio e in seguito al 1667 ogni IV domenica di Maggio. Anche qui la leggenda vuole che il Santissimo Crocifisso sia ritrovato in campagna, grazie all’intervento di animali.
Agli inizi di maggio a Calatafimi Segesta (TP) si svolge la festa del SS. Crocifisso, che risale al 1657. Inizialmente i festeggiamenti si celebravano in giugno; furono poi spostati a settembre e poi agli inizi di maggio. La leggenda vuole che tra il 23 e il 25 giugno 1657, nella chiesa di S. Caterina, un crocifisso ligneo nero operò vari prodigi. Una mattina, mastro Fontana trovò il Crocifisso caduto e istintivamente lo rimise a posto. Il giorno dopo lo ritrovò di nuovo a terra con un braccio staccato e dopo avergli incollato il braccio, con una zagaredda (nastro) azzurra. Lo appese alla croce. Il giorno 23 giugno 1657, mastro Fontana si recò nella chiesa di Santa Caterina con l’infermo Francesco Saltaformaggio, e vedendo che nuovamente il Crocifisso era di nuovo a terra, chiese all’amico di aiutarlo e glielo diede in mano e immediatamente guarì. Mastro Fontana si portò a casa la zagaredda che fece miracolo sulla moglie indemoniata. Nel novembre 1657, due ricchi borghesi, donano quattro once e 35 tarì per l’altare e altre spese necessarie al culto come chiesto dalla Curia Vescovile di Mazara.
Che cosa ci sia di vero in questi racconti non è dato saperlo. Molti gli elementi comuni: dal periodo storico in cui si svolgono le vicende, al mondo contadino protagonista delle leggende. Ciò che li accomuna è la fede popolare in quel Crocifisso ritrovato per caso e spesso miracoloso, in cui il popolo riversa la fede e la speranza della Redenzione.
(Fonti: Rita Bevilacqua, Settimana Santa a Barrafranca, Bonfirraro Editore, 2014; Diego Aleo Gaetano Vicari, La grande eredità. Viaggio attraverso le tradizioni della settimana santa nel cuore della Sicilia, ristampa 2018; Giuseppe Schifanella, Una croce nella leggenda e nella storia, 1989; www.calatafimisegestaitinerario.com)
Rita Bevilacqua