PIETRAPERZIA. Appello al sindaco Antonio Bevilacqua, all’amministrazione comunale e ai cittadini. Nel documento si lamentano il forte spopolamento del paese ed altre problematiche. Questo il documento integrale: “Carissimi concittadini, come rappresentanti dell’intera comunità cristiano-cattolica che vive in questo territorio e come cittadini ci sentiamo interpellati dalla situazione che stiamo vivendo nella nostra Pietraperzia. Pertanto abbiamo deciso di scrivere questa lettera aperta nella quale ci rivolgiamo, anzitutto, agli uomini e alle donne che partecipano della vita della Chiesa e poi a Lei, signor Sindaco che ci rappresenta attraverso l’espressione del voto popolare, all’Amministrazione comunale, alle forze politiche rappresentate in Consiglio Comunale, ai sindacati, alle associazioni, a tutti coloro che hanno a cuore le sorti del nostro paese”. “Lo facciamo – si legge ancora nel documento – senza salire sul pulpito per indicare agli altri quello che devono fare. Ma coinvolgendoci in prima persona e facendo un mea culpa se, come cristiani, siamo stati assenti nel partecipare alla cosa pubblica”. “È sotto gli occhi di tutti – continua ancora la lettere aperta – il forte spopolamento che interessa il nostro paese da diversi anni: tanti giovani e intere famiglie, che magari avevano investito qui i loro risparmi nella edificazione di una casa o nell’apertura di una attività commerciale, hanno chiuso e sono andati via in cerca di un lavoro e di un avvenire per sé e per i loro figli. Così, diminuendo la popolazione, siamo costretti a sborsare oneri sempre più gravosi per il mantenimento dei servizi: spazzatura, illuminazione, tributi locali. Le nostre stesse tradizioni religiose e la partecipazione alla vita della comunità ecclesiale stanno conoscendo un continuo declino sia dal punto di vista numerico come pure affettivo, con una continua emorragia di contributi economici per la realizzazione stessa delle feste. È forse giunto il momento di ridimensionare le nostre feste e, addirittura, di abolirne qualcuna. È impossibile ormai mantenere tutte le tradizioni ereditate dai nostri padri senza in concorso di qualche ente che contribuisca, con un aiuto economico anche minimo, alla loro realizzazione”. Così questo provoca la perdita progressiva della nostra identità socio-culturale e del patrimonio religioso che ci è stato tramandato e contribuisce ad incrementare la secolarizzazione che è in atto da tempo in tutta Europa.
La realtà in cui viviamo è caratterizzata da un fortissimo individualismo che ci impedisce di sentirci membri di una comunità anche civile”. È questo uno dei tarli di Pietraperzia, che coinvolge la politica e si riverbera anche nelle nostre comunità ecclesiali. Non c’è alcun affetto al bene comune perché sono venuti meno i legami comunitari. Gli stessi uomini politici vivono il loro impegno quasi esclusivamente interessati a mostrare le carenze dell’avversario, spinti solo dalla competizione e dalla presunzione di sapere fare l’uno meglio dell’altro”. Così viene a mancare quella continuità amministrativa, unica via possibile per realizzare qualcosa di positivo a vantaggio della collettività. Assistiamo ad un continuo incattivirsi delle persone, chiuse sempre più nella loro individualità, nel piccolo orticello oltre il quale non si esce ed oltre al quale non si riesce a vedere. Si continua a vivacchiare affrontando i problemi immediati senza alcuna prospettiva o capacità di progettare il futuro. Lo dimostra la situazione in cui versano le realtà che sono di tutti: viabilità interna ed esterna dissestata (emblematico il caso della strada che porta al santuario della Patrona Maria Santissima della Cava), erbacce in ogni angolo, verde pubblico abbandonato, monumenti in stato di degrado e incapacità a valorizzare il patrimonio artistico. “Al di là delle constatazioni e del lamento, si sperimenta la totale assenza di partecipazione alla cura dei luoghi comunitari da parte di noi cittadini. Nessuno, nemmeno le nostre comunità ecclesiali, si preoccupa di educare i cittadini alla partecipazione, a prendersi cura di un bene comune, di un’aiuola, di una piazzetta, tranne alcuni casi sporadici da additare come esempio ma che nessuno si sforza di imitare. Tutto giace nell’abbandono e nella indifferenza. L’unica eco che ha questa realtà è la lamentela, la nostalgia del passato e la colpevolizzazione di chi governa, lasciato solo in un compito che non può certamente assolvere senza la collaborazione di tutti. La stessa raccolta differenziata vede ancora manifestazioni di inciviltà e maleducazione con l’abbandono, lungo il ciglio delle strade extraurbane, di sacchetti di spazzatura di chi non ha voglia di differenziare. Questa situazione è ben dimostrabile anche attraverso l’incapacità di noi cittadini a riprenderci la nostra città e a farla rivivere nei rapporti sociali. La nostra piazza è sempre più deserta a qualunque ora del giorno così pure le nostre strade. Tutti siamo seduti a passeggiare con le nostre auto e camminare a piedi è diventato quasi motivo di paura. È necessario lasciare a casa le macchine e riappropriarci della strada e dei luoghi di socializzazione. Lì possiamo fare rivivere le vere relazioni umane attraverso gli incontri reali. Non serve a nulla cercare relazioni virtuali su Facebook e sui social; non potranno mai sostituire la bellezza di un incontro reale.
Una semplice constatazione ci fa guardare con preoccupazione al futuro: il disinteresse delle giovani generazioni alla partecipazione sociale e la mancanza di passione verso la politica. Se, in un recente passato, abbiamo avuto fiducia in un gruppo di giovani che sembravano dimostrare amore verso la nostra città, al momento sembra che non ce ne siano altri che condividano la stessa passione. Nessun messia salverà Pietraperzia ma solo i suoi cittadini. Smettiamola perciò di essere avversari, di essere concorrenti, anche nella chiesa, di fare la gara a chi è più bravo. Per quella strada non si va da nessuna parte. Mettiamoci insieme e costruiamo una qualche prospettiva per i nostri figli, un futuro possibile. Il tentativo della Caritas di puntare sulla valorizzazione di prodotti del nostro territorio nel campo dell’agricoltura necessita della collaborazione di tutti. Lavoriamo insieme e così dimostreremo di amare la nostra città. Occorrono atti di coraggio, esempi virtuosi di gente che si dà da fare, che partorisce belle idee e per esse si spende, che ha voglia di non cedere ad un pessimismo ammuffito, ma cerca la gioia di distruggere certi stereotipi che allentano le maglie della nostra comunità e creano solitudini impenetrabili. Il coraggio di non replicare povere esperienze già viste e già note, ma di andare oltre. Siamo persone animate dalla speranza cristiana, pertanto ci siamo chiesti: “come fare per reagire a questa situazione?”. Siamo nel 2019, l’era della comunicazione e dell’informazione costante. Tutto è ottenibile con un semplice clic. Troviamo allora delle persone competenti che abbiano la capacità di fare conoscere ed esportare i nostri prodotti, immetterli sul mercato, destinandoli già al consumo possibilmente con le caratteristiche che oggi si richiedono ovvero “biologico, presidio slow food, Dop, Doc, eccetera”.
Questo creerebbe un circuito virtuoso autogestito che necessita di mano d’opera al fine di trasformare le materie prime in prodotto finito. È il tentativo già citato dalla Caritas diocesana. Altro campo che ci sta a cuore e che ci permettiamo di suggerire, quale risorsa da valorizzare, sono le nostre tradizioni, nettare per tutti quei turisti che hanno voglia di vedere e vivere qualcosa di originale e tipico. Le tradizioni locali, presenti nel nostro paese, se valorizzate, ci darebbero la possibilità di portare visitatori che, fermandosi per più giorni, darebbero la possibilità al terziario di svilupparsi. “Ovviamente – conclude il lungo documento – questo richiede una serie di servizi che devono essere adeguati alle loro esigenze e la professionalità deve essere il primo comandamento di tutti coloro che operano nel settore. La Pasqua appena celebrata, principio di rinnovamento e di vita nuova, ci cambi dall’interno del nostro cuore e ci induca a vivere una rinnovata fraternità fondata sulla stima e sulla fiducia reciproca”. GAETANO MILINO