L’evento celebrato nella chiesa Madre di Pietraperzia. La giornata, organizzata dagli Uffici Diocesani Caritas, Migrantes e Missio, è iniziata con la partecipazione dei diaconi permanenti della diocesi armerina alle messe celebrate di mattina nelle tre parrocchie cittadine. Nel pomeriggio una conferenza nella stessa chiesa Madre. Al tavolo della presidenza Monsignor Antonino Rivoli – vicario generale della diocesi di Piazza Armerina – Mario Zuccarello (direttore della Caritas diocesana), Valerio Landri (Direttore Caritas Agrigento), Salvo Pappalardo (Componente del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione di Catania) e il parroco della chiesa Madre di Pietraperzia don Osvaldo Brugnone. In chiesa anche Don Giovanni Bongiovanni e Don Giuseppe Rabita, rispettivamente parroci di Santa Maria di Gesù e Madonna delle Grazie. Assente, per cause di forza maggiore, il vescovo della diocesi di Piazza Armerina Monsignor Rosario Gisana. Ad apertura dei lavori, Mario Zuccarello ha detto: “Il piano pastorale del vescovo ci dice che dobbiamo vivere la vita in spirito sinodale”. “La Giornata Mondiale dei Poveri – ha detto ancora Zuccarello – ci serve a fare scoprire le tante povertà e a conoscere la nostra povertà” E ha concluso: “Soltanto in questo modo noi possiamo aiutare i veri poveri”. Valerio Landri: “Tutti i poveri ci uniscono e ci danno il coraggio di farci scoprire le nostre povertà. La povertà è un valore e la scopriamo nei poveri locali, negli stranieri, negli immigrati che formano sempre la Chiesa del Risorto, una Chiesa che sia casa per tutti”. “Nostro Signore ama tutti noi – ha continuato Landri – in virtù delle nostre fragilità e le nostre paure. La nostra povertà è la porta che ci conduce verso Dio che ci fa da padre e da madre. La povertà è il segno della Sua presenza in mezzo a noi. Papa Francesco dice tutte le povertà che ci circondano debbono passare dalla elemosina alla condivisione”. Valerio Landri ha continuato: “I poveri sono una terra promessa e ognuno deve essere Chiesa per la propria Chiesa”. Il relatore agrigentino ha poi ricordato il naufragio di Lampedusa costato la vita ad oltre 330 immigrati. Valerio Landri ha concluso: “Dobbiamo impiegare le energie per aiutare chi ce l’ha fatta”. SalvoPappalardo: “I poveri sono coloro che si vergognano a venire alla Caritas. La povertà è quella spirituale ed interiore . Sono tanti i poveri che hanno bisogno di un pasto”. Salvo Pappalardo ha continuato: “Io sono un privilegiato ma sento che manco di qualcosa. L’accoglienza è integrare le persone. L’esperienza nasce dall’incontro con le varie culture e con le varie realtà. Talora si lucra con la pseudo accoglienza e spesso si cade vittima della criminalità. Va perseguito chi sfrutta le persone che hanno bisogno. I poveri non hanno spesso colpa di vivere la loro povertà. Quello che facciamo deve essere un bisogno per noi e per fare qualcosa di buono dobbiamo fare tutto in armonia”. Salvo Pappalardo ha concluso: “Io ho bisogno del povero per creare con lui una opportunità reciproca. Se vediamo nel volto del povero la Madonna e il Signore avremo l’opportunità di migliorarci. Se ci sentiamo bene e a casa ovunque, ci sentiamo di essere in sintonia con il povero”. Don Osvaldo Brugnone: “Dobbiamo sensibilizzare la comunità e chiederci cosa facciamo di concreto nei confronti dei poveri e degli emarginati”. Don Osvaldo ha concluso con il citare alcuni pensieri di Madre Teresa di Calcutta: “La povertà più grande che c’è nel mondo non è la mancanza di cibo ma di amore. La povertà del cuore è più difficile da vincere e da sconfiggere”. Subito dopo, ha portato la sua testimonianza Garouz (un immigrato originario del Sudan). Lui era arrivato in Libia e, durante la traversata, è stato costretto a guidare il gommone che trasportava i migranti. Arrivato a Messina, è stato arrestato. Tempo dopo è stato trasferito a Piazza Armerina e poi è arrivata la sua scarcerazione. Garouz , durante il suo intervento, si è emozionato. Al termine, il giovane sudanese ha donato a Monsignor Rivoli un cuore da lui realizzato con il sapone e che riproduce tante rose di vari colori. Il dono andrà consegnato al vescovo monsignor Rosario Gisana. MonsignorAntonino Rivoli ha sottolineato il fatto che “la povertà è una categoria mentale e metodo per approcciarsi con il prossimo in un mondo travagliato dalle varie tribolazioni”. Al termine degli interventi al celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Antonino Rivoli e concelebrata dai tre parroci di Pietraperzia don Giovanni Bongiovanni, Don Giuseppe Rabita e don Osvaldo Brugnone. Nel transetto anche i diaconi permanenti della diocesi di Piazza Armerina. La celebrazione eucaristica animata dal coro “Caritas Young” di Piazza Armerina e dal coro della parrocchia Madre di Pietraperzia. Mario Zuccarello, sulla Caritas Young ha detto: “Speriamo che in tutti i centri della diocesi nascano Caritas Young perché la giovinezza è spirito di futuro in attesa di avere orizzonti della speranza”. Monsignor Antonino Rivoli, all’omelia ha detto: “Giorno d’ira quel giorno nel quale si incendierà tutto accadrà (riferendosi alla fine del mondo) che, al suono della tromba, saremo raccolti tutti intorno al trono di Dio per ricevere il Giudizio, la Giustizia, la Misericordia per rendere conto della nostra vita davanti al Trono di Dio. Quando saremo chiamati su che cosa saremo giudicati? Riguardo a che cosa riceveremo la Misericordia? Quanto ci sarà dato? Madre Teresa di Calcutta ricorda che saremo giudicati sull’amore nel senso di come abbiamo amato la vita e di come avremmo dovuto amarla, come era necessario che ci approcciassimo ad essa”. “Saremo giudicati – ha continuato Monsignor Rivoli – in ordine all’amore perché è questo quello che fa girare il mondo, perché è questo che deve essere come lampada che illumina la nostra esistenza. Tutto passerà ma l’amore di Dio e le sue parole non passeranno mai. Non le parole del giudizio, della condanna, della sepoltura ma della Vita, della Resurrezione, dell’Amore. Il nostro tempo per riscoprire l’amore frutto del sangue di Cristo sulla Croce, per riscoprire il dono meraviglioso che il Signore ha fatto di Sé a noi sul letto matrimoniale della Croce”. “Le parole di Gesù non sono note di terrorismo cardiaco per farci sussultare il cuore, per farci sentire quasi attanagliati da questa paura tremenda dall’essere avvinghiati da chissà quale coda di animale mitologico ma saremo giudicati per l’amore e circa l’amore, quell’amore che non finirà mai. È questo il senso della nostra domenica, è questo il senso della vita che ci viene chiesta. È questo il senso del percepire questa presenza così feconda, viva, vivida che si rinnova, che invita ad essere permanentemente legati al Signore senza immaginare che l’accoglienza, l’amore da dare sia un fatto estremamente straordinario e per niente ordinario come se non fossimo chiamati a ragionare con Dio e come Dio. Il nostro credo forma la nostra vita e la conforma a Gesù Cristo. Le nostre categorie mentali ed esistenziali non possono essere diverse da quelle che sono di Cristo Gesù che ci invita a vivere una relazione amorosa continua con Dio. Cristo vuole vivere con te, in te e per mezzo di te. Cristo non ha mano e nemmeno piedi; ha soltanto le tue mani e i tuoi piedi, ha soltanto te per potere agire nel mondo. Tu sei il sacramento di Dio in mezzo alla gente. Dio parla attraverso te. Dio parla attraverso il povero che si rende presente nel mondo. Tu sei quella matita che Dio usa per disegnare i Suoi progetti di amore”. Monsignor Antonino Rivoli ha detto ancora: “Vivere l’amore e scegliere in sistema povertà per improntare la nostra vita di azione, per improntare la nostra azione pastorale, il nostro essere cristiani in ogni momento della nostra vita”. Monsignor Antonino Rivoli ha concluso: “In paradiso rimarrà soltanto l’amore. L’amore è la risposta a tutte le nostre domande come la domanda ma ‘io ci sarò?’. Per la fine del mondo non ci sarai ma in Paradiso sì che ci sarai perché tu avrai il coraggio, la forza di rendere testimonianza davanti a Dio della tua vita che hai creduto nell’amore e che hai intrapreso la giusta strada cristiana e tu hai permesso che non fossi tu a vivere ma che fosse Cristo a vivere in te”. GAETANO MILINO
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