PIETRAPERZIA. Sono rispettivamente presidente associazione “Donne Insieme Sandra Crescimanno” di Piazza Armerina e psicologa volontaria del Centro Antiviolenza dello stesso centro. Alle due abbiamo rivolto delle domande su tale grave problematica, la violenza contro le donne, prima della conferenza sullo steso tema. La convention tenuta nella chiesa del Carmine di Pietraperzia. Dottoressa Maria Grasso, qual è il significato di queste manifestazioni? “Il significato di queste manifestazioni è quello di accendere un faro su una problematica che è molto grave e che, quasi ogni giorno, vede l’uccisione di una donna. Dal 2012 al 2020, 1080 donne sono morte uccise da mariti, ex mariti, ex fidanzati. Quindi è un fatto veramente strutturale ormai come violenza. Ed ecco perché noi dei centri antiviolenza non smettiamo – non soltanto in occasione del 25 novembre o in occasione di questo mese che è un mese particolare – di continuare a fare sensibilizzazione con il parlare cercando di far comprendere perché avviene la violenza”. Quale la motivazione dell’incremento esponenziale di questi casi di violenza? “La violenza c’è sempre stata. Forse adesso se ne parla di più perché le associazioni ne parlano di più. è sempre un problema culturale. La violenza è una questione di potere che viene da una società che ancora si sostiene sul patriarcato, sul maschilismo, su un mondo che non riesce a dare alle donne il giusto ruolo nella società e nel mondo”.
Quali le modalità per cercare di contrastare ed estirpare questa mala pianta dalla nostra società? “Io sono sempre convinta che ognuno di noi, nel proprio piccolo, possa fare tanto. Tutto inizia con la Cultura del Rispetto di Genere. Quando dico ciò penso, ad esempio, alla Famiglia o alla Scuola. All’interno delle nostre famiglie dobbiamo insegnare ai nostri bambini e alle nostre bambine, ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze ad avere rispetto l’uno dell’altro e, ai nostri figli maschi, ad avere rispetto per le donne e per la libertà di scelta delle donne”. “È un fatto culturale – aggiunge Maria Grasso – che si può sradicare soltanto percorrendo questa strada. Non ci sono altre vie perché lo abbiamo visto. Le leggi ci sono, le abbiamo anche aggravate, ma, nonostante ciò, si continua ad ammazzare le donne e le donne continuano a morire. Vuol dire, quindi, che noi dobbiamo fare qualcosa di più”. E conclude: “Quel qualcosa di più è cambiare la cultura”. Alla dottoressa Carola Monasteri chiediamo: Quanti e quali tipi di violenza esistono oggi? “Non possiamo fare una quantificazione perché sarebbe, penso, abbastanza riduttivo. Sicuramente alla base della violenza fisica possiamo dire che c’è una violenza psicologica Una violenza fisica c’è perché c’è un lavoro sotterraneo che non si vede e non si riconosce”. “Poi ci sono – aggiunge Carola Monasteri – altre forme di violenza – quale quella economica – non avere una certa disponibilità di soldi – l’isolamento. Ecco perché si parla forse di violenza sociale, forse di violenza fisica, però ricordiamoci che, alla base, ci sono altre cose molto più importanti che permettono gli altri tipi di violenza”. Quali gli strumenti che la società mette in campo per combattere questo grave fenomeno sociale? “Penso che ci sia una forma di sensibilizzazione e se ne parla già abbastanza. Però, quando ci chiediamo come si faccia realmente non lo saprei dire perché poi i casi di violenza e le morti continuano ad esserci. Allora cosa succede? Qualcosa non funziona. Probabilmente forse la donna ‘sta alzando la testa’ e allora l’uomo reagisce con più forza e ci sono più morti? O forse perché adesso se ne parla di più mentre prima non se ne parlava e allora cosa succede? Il fenomeno lo stiamo studiando, lo stiamo guardando, stiamo cercando di aprirlo proprio per cercare di lavorare ancora di più affinché si possa prevenire”. “Ovviamente – continua Carola Monasteri – il lavoro importante è sulle donne per una maggiore consapevolezza ma anche sugli uomini. Adesso si parla sempre di più nel fare vedere all’uomo cosa succede perché questa forza non fa bene nemmeno a lui. Non fa bene alla società e non fa bene alla donna. Ancora si deve fare molto”. Cosa scatta, a Suo modo di vedere, nella mente di chi esercita violenza nei confronti della donna? “In realtà una forma di consapevolezza c’é. Si pensa, come stereotipo, che sia un raptus, un momento. In realtà no. L’uomo premedita ed organizza il modo come manipolare la donna. Forse è una sua forma di carenza di autostima, di fiducia? È, sicuramente, un problema culturale perché ancora ci sono retaggi del patriarcato”. Carola Monasteri conclude: “C’è qualcosa che, in ogni caso, ci fa dire e ci fa pensare che la donna sia un essere inferiore e da manipolare”. GAETANO MILINO