Lo studioso di Pietraperzia si riallaccia, prima di rievocare la figura della Principessa Dorotea Barresi, a quanto da lui detto durante la conferenza su Dorotea Barresi dello scorso otto ottobre. “il mio intervento è stato su Dorotea Barresi, come grande esponente della Nobiltà di Spada – la più antica – e poi la vita di Dorotea Barresi che si forgia in una ambiente di ferro perché lei assiste alla condanna e alla esecuzione della pena capitale del padre Girolamo Barresi che viene rinviata dal 1537 al 1549 quando il terribile viceré Juan De Vega ne vuole l’esecuzione e lui viene decapitato nel carcere Castellammare di Palermo dove Girolamo Barresi era rinchiuso”. “Durante la conferenza – continua Salvatore La Monica – ho pure precisato alcune cose tra cui le dinamiche della politica della Barresi nel facilitare il matrimonio tra la cognata e il figlio e poi anche il matrimonio con lo Zuniga voluto dalla Corona, da Filippo II. C’erano stati dei tentativi di fare sposare la Barresi con Cesare Moncada – Signore di Caltanissetta – o anche il tentativo di fare sposare la Barresi con il conte De Fuentes che era un cugino del Presidente del Regno dell’epoca che era Fernando La Silva, Barone di Favara. Entrambi non vennero effettuati. La motivazione ufficiale fu che, se si fosse sposata con Cesare Moncada, si sarebbe costituito un potere terriero fortissimo, enorme”. Salvatore La Monica continua: “Fu un’operazione tipica di grande potere perché la Spagna doveva mettere un suo uomo – che era Juan De Zuniga – nel controllo di questi territori perché Dorotea portava sia il Principato di Pietraperzia – ereditato dopo la morte del fratello Pietro – sia il Principato di Butera ereditato dallo zio Francesco Santapau e Branciforti. In quella occasione premeva molto a Filippo II sistemare questo probabile fratellastro. Tuttavia prove non ce ne sono che fosse fratello, però si è detto che fosse fratello di Filippo II, quindi c’era questo fratello. Lui e il fratello appartenevano alla Grande Nobiltà della Spagna Castigliana ed erano stati allocati presso la Corte di Madrid”. Salvatore La Monica continua: “Lo Zuniga, che apparteneva ad una delle famiglie della più alta Nobiltà Castigliana, era un cadetto ed era parente del conte di Miranda che si chiamava Zuniga. In pratica era sempre un barone. In seguito al matrimonio con Dorotea Barresi, lui, da barone, da Cavaliere di Santiago – era il suo titolo – diventa Principe di Pietraperzia e quindi il capo della nobiltà spagnola. Quindi questa era stata la strategia di Filippo II”. “Dorotea Barresi – aggiunge Salvatore La Monica – dovette essere a conoscenza dei segreti di Stato perché quando il marito stava per morire, disse che c’erano documenti che non sarebbero dovuti passare alla storia però sarebbe stato giusto avvertire Sua Maestà. È chiaro che la moglie era presente e che non poteva non sapere”. “Salvatore La Monica dice ancora: “Sua Maestà venne avvertita e disse di seguire quello che Don Giovanni faceva. Ci sono stati dei documenti che sono stati distrutti. Cosa potessero essere questi documenti? Io ho fatto delle ipotesi che non ho esplicitato”. Dopo la sua lunga introduzione, Salvatore La Monica risponde al alcune domande. Lo storico pietrino Salvatore La Monica ha fatto innumerevoli ricerche e, tra il materiale – anche di un certo valore – ritrovata anche la fotografia di un quadro che ritrae la Principessa Dorotea Barresi. Cosa ci dice in proposito? “Io, fino al 1987-1988, non sapevo del quadro di Dorotea Barresi. Era un’opera molto grande, di circa 5 metri di altezza. Questa mia ricerca era nato dal fatto che un amico di Caltagirone mi aveva fatto avere un numero del “Bollettino di Società di Storia Patria Calatina” dove era riportato un articolo concernente l’inventario dei beni mobili post mortem di Fabrizio Branciforti – che era l’unico figlio di Dorotea Barresi e di Giovanni IV Branciforti Tagliavia, Conte di Mazzarino – morto a Palermo il 13 gennaio 1624”. “In tale inventario – aggiunge Salvatore La Monica – si parla de ‘lo quadro di nostro padre’ (Giovanni IV Branciforti Tagliavia) e ‘lo quadro di nostra madre’ (Dorotea Barresi). In precedenza nessuno aveva parlato di questo quadro. Mi sono quindi messo alla ricerca di questo quadro. Contestualmente è avvenuto che, nel 2013, ho fatto conoscenza con Eugenio Barresi, discendente dei Barresi del ramo di Militello Val di Catania, insediatosi, nel corso del Seicento, a Lipari. In un seminario a Sorrento, avevo fatto presente ad Eugenio Barresi che avevo trovato una foto riproducente un quadro di una nobildonna con un cane. Il 14 gennaio 2014 ho ricevuto una lettera con la quale Eugenio Barresi mi trasmetteva la fotografia di Dorotea Barresi e mi ha detto che la sua compagna, nel rovistare nei cassetti, aveva trovato la foto di Dorotea Barresi. Tale foto avvenne nell’occasione che a Palazzo Lanza Mazzarino di Palermo, via Maqueda, 383, furono venduti molti quadri, molti argenti e molti suppellettili dalla famiglia Lanza Mazzarino. La vendita di tali opere da parte del conte Giuseppe Lanza di Mazzarino e delle sue zie, proprietari di tale grande palazzo (ex Banciforti Scordia). Visto che Eugenio Barresi era amico con Giuseppe Lanza Mazzarino, questi chiese ad Eugenio Barresi di scattare una foto del quadro, cosa che avvenne nei primi mesi del 1964”. “Ricevuta questa lettera da parte di Eugenio Barresi – continua Salvatore La Monica – mi consultai con l’avvocato Pino Lemmo di Palermo e gli feci presente di avere ricevuto la foto in questione. L’avvocato Lemmo mi consigliò di scrivere, nel mio libro Un oscuro parricidio nella Sicilia del 1500, di questa foto e di inserire, nello stesso volume, tale foto. Io trasmisi copia di tale fotografia anche a Pietraperzia, Militello Val di Catania, Alessandria della Rocca, Mazzarino, Barrafranca, Butera e in tutte le città che appartenevano ai Principati di Butera e di Pietraperzia. Ho inserito la stessa foto anche nel secondo libro Grandi di Spagna alla corte di Filippo II D’Asburgo e, nelle varie conferenze fatte in Sicilia ma anche in Spagna, ho sempre riprodotto, negli slides, la figura di Dorotea Barresi”. Salvatore La Monica poi dice che “in occasione della pubblicazione del libro I Branciforti, andai a Palazzo Lanza Mazzarino per dare una copia del libro consegnato personalmente alla Marchesa Marida, moglie del Marchese Annibale Berlingeri, eredi di tale palazzo. La nobildonna mi fece presente che in tale palazzo c’era ancora l’inventario del materiale venduto nel 1964, circa 18 mila pezzi. Nel gennaio 1624, nell’inventario post mortem dei beni di Fabrizio Branciforti, figlio di Dorotea Barresi e di Giovanni IV Branciforti, conte di Mazzarino, si fa riferimento, alla presenza di un vascello d’oro del peso di circa 3 chili e mezzo e tempestato di pietre preziose. Il perito di allora, nel gennaio 1624, valutò tale prezioso manufatto 3327 onze. Per dare l’idea del suo immenso valore, bisogna dire che un feudo di medie proporzione all’epoca costava tra 800 e mille onze. Salvatore La Monica sostiene che tale preziosissimo vascello d’oro si trova attualmente presso il Museo di Arte di New York. Nello sfogliare l’inventario dei beni venduti nel 1964, la Marchesa Marida, moglie del Marchese Annibale Berlingeri, si accorse della foto di Dorotea Barresi”. “Dopo avere effettuato – dice ancora Salvatore La Monica – altre ricerche, ho saputo che lo stesso elenco esiste presso la Biblioteca dei Cappuccini di Palermo, la Fondazione Cini di Venezia e la Fondazione Zeni di Bologna. Il quadro che ritraeva Dorotea Barresi era alto circa 5 metri. Quindi, in buona sostanza, lo scopritore di tale foto è stato il sottoscritto, dottore Salvatore La Monica”. Dottore La Monica chi era la Principessa Dorotea Barresi? “La Principessa Dorotea Barresi, nata nel 1533, era figlia del secondo Marchese di Pietraperzia Girolamo Barresi e Valguarnera e di Antonia Santapau e Branciforti dei Santapau di Licodia Eubea e Butera”. In quale anni è stato realizzato il dipinto? “Ritengo che il dipinto sia stato realizzato tra gli anni che vanno dal 1584 al 1586 perché, a settembre 1586, muore il marito. Il quadro, nel 1624, era a Palermo”. Chi è l’autore di tale dipinto e con quale tecnica è stato realizzato? “Presumo che sia olio su tela. Da notizie che mi sono arrivate dal Museo del Prado di Madrid, il quadro sarebbe da attribuire al pittore di Corte Alonso Sànchez Coello, uno dei pittori della Corte Madrilena di Filippo II in quell’epoca”. Dove si trova attualmente l’opera? “Dove si trovi attualmente l’opera non lo sappiamo. Di sicuro c’è il fatto che, il 20 giugno del 1964, il quadro di Dorotea Barresi viene venduto per 200 mila lire da una casa d’aste di Roma”. Cosa ci racconta tale opera? “La motivazione è da ricercare nel fatto che Dorotea Barresi rappresentava la nobildonna più alta in grado di tutta la nobiltà spagnola e poi perché, con il matrimonio con lo Zuniga, Filippo II mise un controllore su questo immenso patrimonio. Dorotea Barresi portava il patrimonio del principato di Pietraperzia e del Principato di Butera che, insieme, avevano circa il 20 per cento di tutta l’estensione del territorio siciliano. Con il matrimonio con Giovanni Zuniga, Filippo II premiava un Casato che era fedelissimo. Probabilmente anche poteva esserci il fatto che Juan De Zuniga e il fratello Luis De Zuniga y Requesens fossero figli naturali di Carlo V”. Come avviene il matrimonio tra Dorotea Barresi e Juan De Zuniga? “Il matrimonio avviene nel gennaio 1573. Ma prima del matrimonio, c’è un antefatto che fa capire l’importanza del matrimonio di Dorotea Barresi con Juan De Zuniga. Anni prima del matrimonio con Juan De Zuniga, data l’importanza dell’antichissimo Casato Barresi che era un Casato di antichissima Nobiltà di Spada, dopo che lei era rimasta vedova, il 15 agosto 1567, lo stesso giorno del matrimonio, del secondo matrimonio con Vincenzo Barresi Marchese di Militello Val di Catania e originario di Pietraperzia, inizia un lavorìo – sia nella corte del viceré di Sicilia che era Ferdinando Dachino Avalos, Marchese di Pescara che alla corte di Madrid con il re Filippo II – per fare sposare di nuovo Dorotea Barresi. Con la morte, nel settembre 1571,di suo fratello Pietro, Dorotea eredita da suo fratello Pietro – che non aveva figli – il Principato di Pietraperzia e il Marchesato di Barrafranca e una mole considerevole di ricchezze e di beni allodiali. L’origine di tale Casato risale a metà del Trecento quando il Cadetto Blasco I Barresi si trasferisce, per eredità materna, a Militello Val di Catania. Questo Casato si estingue nel 1604 con la morte di Caterina Barresi che aveva sposato Fabrizio Branciforti, figlio di Dorotea. C’erano due partiti che si confrontavano per potere impalmare la principessa di Pietraperzia. I due pretendenti erano, da una parte il Casato Moncada di Caltanissetta con Cesare Moncada – una sorella di Cesare Moncada aveva sposato Pietro Barresi – dall’altra c’era un cugino del presidente del Regno dell’epoca che era Ferdinando De Silva, barone della Favara. Questi due partiti erano appoggiati da un grande consigliere di Filippo II che era il potentissimo Rui Gomez. Nella corte di Filippo II c’erano due grandi partiti che si scontravano. Da una parte c’era il partito di Rui Gomez, degli ebolisti perché Rui Gomez era principe di Eboli – che era cugino di Ferdinando La Silva, presidente del Regno di Sicilia – dall’altro c’era un partito contrario, il partito albista guidato dal Duca D’Alba, fondatore di una Academia di cui faceva parte Juan De Zuniga. Filippo II evita da un lato che potesse vincere un partito avverso alla Corona e, dall’altro lato, sistema Juan che era vissuto, insieme al fratello, a Corte. I grandi di Spagna comprendeva 42 Casati. In tale ambito c’era un gruppetto di sei che erano la nobiltà ancora più antica, la Primaria Nobiltà. Con il nuovo matrimonio di Dorotea Barresi, Filippo II, da una parte controlla il vasto territorio e dall’altro lato rende un grande servigio a Juan De Zuniga che, da semplice Cadetto, diventa – con il matrimonio con Dorotea Barresi – Principe di Pietraperzia”. GAETANO MILINO
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