Cerchiamo di capire l’origine della pratica devozionale cristiana conosciuta come “Visita ai Sepolcri”, o “Altari della Reposizione” che si svolge la sera del Giovedì Santo.
“Il giro o visita ai Sepolcri”, secondo padre Valerio Mauro docente di teologia sacramentaria, è nato dall’intreccio di devozioni diverse: il pellegrinaggio alle sette chiese e la venerazione verso il Sacramento Eucaristico. Il pellegrinaggio alle sette chiese, nella sua forma originaria, è dovuto a San Filippo Neri, che il giovedì grasso del 1552, in opposizione ai festeggiamenti pagani del carnevale, istituì il giro delle sette maggiori basiliche romane. Col tempo, questa pratica acquistò un valore molto penitenziale, spostandosi da carnevale alla fine della Quaresima, il venerdì o anche il sabato e facendo memoria delle tappe di Gesù nel percorso della sua passione. Risale al Medioevo la cosiddetta “visita ai sepolcri”, mutuata dai pellegrinaggi che, da ogni parte d’Europa, andavano a visitare il luogo che accolse il corpo di Gesù, su cui era stata costruita la grande basilica costantiniana. Nel 1347 fra Nicolò da Poggibonsi nel suo Libro d’Oltremare (scritto dopo il suo pellegrinaggio in terrasanta del 1345-1350) lo descrive, e tali righe avranno una grande fortuna: «La chiesa dentro è umida e fredda e poco lustra… ma veramente egli è luogo da fare penitenza per l’anima». L’impossibilità di recarsi direttamente, indusse molte comunità alla fine del Medioevo a edificarne riproduzioni. Da qui le visite dei fedeli nel corso dei secoli (Tormo Armando, La visita ai Sepolcri e le riproduzioni sacre, Corriere della Sera online, 21 marzo 2008, pag. 15). La chiese da visitare erano SETTE come sette erano le tappe di Gesù durante la passione: dal cenacolo al Getsemani; dall’orto alla casa di Anna; da questa alla casa di Caifa; da lì al palazzo di Pilato; da quello di Pilato a quello di Erode; di nuovo da Erode a Pilato; e infine dal palazzo di Pilato al Calvario. Qualche studioso di tradizioni popolari il SETTE rimanda invece alle SETTE parole pronunciate da Gesù sulla Croce.
Le ultime parole di Gesù pronunciate sulla croce non sono altro che sette frasi che i vangeli
attribuiscono a Gesù durante la sua passione in croce:
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”
“In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”
“Donna, ecco tuo figlio!”; “Ecco tua madre!”
“Ho sete”
“È compiuto!”
Le visite ai Sepolcri, organizzati soprattutto dalle confraternite, hanno lo scopo di un pellegrinaggio, di un momento di riflessione sul significato dell’imminente sacrificio di Cristo, per cui flotte di fedeli si aggregavano alle confraternite, eseguendo durante il tragitto preghiere e lamenti tipici della Settimana Santa.
In un’incisione su rame di Antoine Lafréry dal titolo “Le sette chiese di Roma. Anno Santo 1575” (si trova nella raccolta a “Speculum romanae magnificentiae”, 1575) si possono scorgere quali sono le sette chiese di Roma che fanno parte della pratica religiosa conosciuta come “Giro della Sette Chiese di Roma”. Si tratta di uno dei pellegrinaggi più famosi della città eterna. Da questo pellegrinaggio trae origine la pratica religiosa di visitare il Giovedì Santo “Gli altari della Reposizione” conosciuti in Sicilia come “Sepolcri”. E’ CONSIDERATO UN ATTO DI DEVOZIONE TIPICO DEL GIOVEDI’ SANTO CHE CONSISTE NELL’ENTRARE IN SETTE DIFFERENTI CHIESE E NEL SOFFERMARSI IN CIASCUNA DI ESSE A PREGARE NEI PRESSI DEL CRISTO MORTO.
La visita era espressa col pellegrinaggio dei fedeli versi 7 basiliche celebri, le più antiche e rappresentative di Roma:
Basilica di San Giovanni in Laterano
Basilica di San Pietro in Vaticano
Basilica di San Paolo fuori le mura
Basilica di Santa Maria Maggiore
Basilica di San Lorenzo fuori le mura
Basilica di Santa Croce in Gerusalemme
Basilica di San Sebastiano fuori le mura
Praticato a piedi, il giro fu ufficializzato e ravvivato nel XVI secolo da San Filippo Neri, presbitero italiano. La visita non è tuttavia invenzione del Santo. Filippo riprese l’antichissima tradizione medioevale dei pellegrini alla tomba di Pietro e Paolo. Tradizione che nel corso dei secoli, soprattutto con il primo grande Giubileo istituito nell’anno 1300 da Bonifacio VIIII (1294-1303) aveva indicato le tappe che il devoto viaggiatore doveva compiere una volta giunto nella Città santa degli apostoli e dei martiri. Bisogna arrivare al 1552 affinché il pellegrinaggio diventi una pratica stabile e organizzata, tanto che il Santo, col crescere del numero dei partecipanti, decise di dedicare a esso un giorno fisso all’anno: il Giovedì Grasso. L’inizio della visita delle sette chiese fu il 25 febbraio 1552, un Giovedì Grasso, per contrapporre ai festeggiamenti del Carnevale Romano, la devozione ai luoghi più santi di Roma e la meditazione sulla Passione.
Il cammino nella sua forma originaria consiste in un percorso ad anello di circa 20 km, 16 miglia terrestri, che conducono alle principali chiese di Roma all’epoca in cui visse il santo: San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura, San Giovanni in Laterano, San Lorenzo fuori le mura, Santa Maria Maggiore, Santa Croce in Gerusalemme, San Sebastiano fuori le mura. La lunghezza del tracciato è solitamente percorsa dai pellegrini in due giornate, ma per i più preparati è possibile completarlo anche in una giornata, difatti in origine s’impiegava una giornata intera per completare il giro, dai primi Vespri, ai primi del giorno successivo. La Via delle Sette Chiese copre il percorso tra San Paolo fuori le mura e San Sebastiano. Ora il giro delle Sette Chiese si svolge in gruppo in cammino notturno due volte l’anno, a settembre e a maggio, poco prima del 26 maggio festa di San Filippo Neri, guidato da un Padre della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. (Foto e materiale sono soggetti a copyright)
RITA BEVILACQUA