GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA LINGUA MADRE: l’Auclis diffonde 10 regole chiave del siciliano scritto

AUCLIS sicilia

Il 21 febbraio si celebra la Giornata Internazionale della Lingua Madre, istituita nel 1999 dall’Unesco per promuovere la diversità linguistica e culturale e il multilinguismo, che ha avuto la sua prima edizione nell’anno 2000.

La commissione dell’UNESCO ha scelto proprio il 21 febbraio in ricordo di un evento successo nel 1952 a Dacca, la capitale dell’attuale Bangladesh, dove alcuni studenti furono uccisi dalla polizia mentre manifestavano per il riconoscimento della loro lingua materna, il bengalese, come una delle due lingue nazionali dell’allora Pakistan.

La Giornata sarà celebrata anche quest’anno con numerosi eventi in tutto il mondo. Anche in Sicilia avranno luogo iniziative e momenti celebrativi, alcuni dei quali riguardanti la lingua siciliana.

L’AUCLIS, l’associazione che riunisce le associazioni che si occupano di lingua e cultura siciliana, in questa occasione rende pubblico un elenco di regole ortografiche utili per scrivere in lingua siciliana.

«Le seguenti dieci regole sono estrapolate dal siciliano letterario; per farlo, abbiamo considerato e analizzato – fa sapere l’AUCLIS nella sua nota – alcuni tra i più importanti autori di opere in prosa e poesia, di dizionari e di grammatiche di lingua siciliana. In particolare, per i dizionari Siciliano-Italiano e Italiano-Siciliano: Pasqualino-Rocca, Vincenzo Mortillaro, Salvatore Camilleri; per le grammatiche della lingua siciliana: Innocenzo Fulci, Giuseppe Pitrè, Salvatore Camilleri, Vito Lumia, Gaetano Cipolla, Salvatore Russo; per i testi di prosa e di poesie, i seguenti autori della letteratura in lingua siciliana: Giovanni Meli, Domenico Tempio, Giuseppe Fedele Vitale, Giuseppe Pitrè, Antonio Palomes, Nino Martoglio, e i contemporanei (scelti numerosi, a dimostrazione della vitalità della koinè letteraria) di ogni parte di Sicilia: Nino Barone, Giovanna Cassarà, Giuseppina Cassarà, Alberto Criscenti, Rita Elia, Francesco Ferrante, Giuseppe Gerbino, Lina La Mattina, Euranio La Spisa, Antonino Magrì, Alessio Patti, Alfio Patti, Nino Pedone, Arcangela Rizzo. Tutti questi autori e opere (e moltissimi altri che non abbiamo analizzato) concordano nelle dieci regole individuate, che vengono anche insegnate dal prof. Alfonso Campisi all’Università ‘La Manouba’ di Tunisi nelle lezioni accademiche del corso di Lingua e Cultura Siciliana».

Queste le regole diramate dall’AUCLIS:

1.  L’alfabeto della lingua siciliana è composto dalle seguenti 22 lettere: A, B, C, D, E, F, G, H, I, J, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, U, V, Z. A queste 22 lettere va aggiunto il digramma DD quando esprime la occlusiva retroflessa sonora, esito del nesso etimologico -LL- (come in cuteddu); in questo caso va considerato come unica ‘lettera’ quando si effettua la divisione della parola in sillabe: cu-te-ddu. Le lettere K, X e Y sono state usate nell’alfabeto siciliano alcuni secoli addietro e, più recentemente, anche la Ç. La conoscenza di questo loro uso può essere utile nella lettura di testi in siciliano antico o di alcuni rari attuali toponimi e cognomi siciliani.

2.  Il rotacismo, cioè la trasformazione del suono della D – intervocalica o a inizio di parola – in R, fenomeno che avviene nel parlato in molte parti di Sicilia (ma non dovunque), non si evidenzia nello scritto dove rimane la D etimologica. Esempi: diri e non riridumani e non rumanicàdiri e non càriri.

3.  In siciliano la B e la G (e, in alcune zone anche la R e la D) in inizio di parola si pronunciano sempre doppie ma nella scrittura tale fenomeno della lingua parlata non si evidenzia; per cui si scrive bonu (e nonbbonu), gebbia (e non ggebbia), rota (e non rrota), dui (e non ddui).

4.  Ogni qualvolta la parte iniziale di una parola, venendo a contatto nel parlato con la parte finale di quella che la precede, cambia di suono, tale cambiamento non viene evidenziato nella scrittura; pertanto, scriveremo tri cani (e non tri ccani), tri jorna (e non tri gghiorna), un jornu (e non un gnornu).

5.  Nel siciliano scritto di registro alto è preferibile usare sempre le forme intere. Per esempio, è preferibile usare come articoli determinativi lulali, anziché le forme abbreviate ‘u‘a‘i.

6.  Quando si volesse scrivere un termine nella sua forma abbreviata (ove esistesse), si deve mettere l’apostrofo ad indicare la caduta di parte del termine intero:  su’ = sunnuccattari = accattari. Se la forma intera non è più usata da nessuna parte, allora non c’è bisogno di mettere l’apostrofo: gnuranti (anziché gnuranti).

7.  In alcune zone e in alcuni casi la R che precede un’altra consonante viene pronunciata I (‘vocalizzazione’), in altre zone scompare e, in entrambi i casi, la consonante che segue viene pronunciata doppia; questi fenomeni del parlato non saranno considerati nella scrittura, dove rispetteremo l’etimologia, per cui scriveremo, ad esempio, portu e non pottu o puoittu

8.  In alcune zone della Sicilia esiste nel parlato la dittongazione metafonetica o quella incondizionata; nessuna di esse trova riscontro nella scrittura per cui si scrive fora e non fuorabonu e non buonubuanu o buenu.

9.  Tranne i monosillabi, nessuna parola in siciliano termina per O o E, a meno che non siano accentate.

10.  Si scrive sempre una sola Z – tranne in pochissime eccezioni – quando ad essa seguano due vocali come in tutte le parole terminanti in –zioni o in –zia e –ziu (azionipredicazionibinidizioni etc.; diliziapasturiziarigulizia etc.; cardinaliziufattiziu etc.). RITA BEVILACQUA