La Commissione Affari Costituzionali sta per trasmettere alle Camere il testo unificato di iniziativa popolare relativo al disegno di legge sulla cittadinanza italiana ai minori figli di stranieri nati in Italia o che hanno frequentato cicli di studi completi, con gli aggiustamenti portati dagli emendamenti pervenuti negli ultimi anni. Ma il testo non comprende l’estensione della cittadinanza agli italiani che la hanno perduta recandosi all’estero per ragioni di lavoro. Questa esclusione non è sfuggita all’ira dei parlamentari eletti nelle Circoscrizioni Estero che da anni chiedono con forza ed invano il ritorno alla cittadinanza per chi la ha perduta per causa di forza maggiore. Si sono quindi affrettati a presentare, nei termini regolamentari, nuovi emendamenti intesi sostanzialmente ad integrare il testo unificato con la previsione del riacquisto della cittadinanza per chi è nato in Italia e la ha perduta andando all’estero nei Paesi dove è esclusa la doppia cittadinanza (primo presentatore Fedi), del riacquisto della cittadinanza per le donne che la hanno perduta automaticamente per il solo fatto di avere sposato uno straniero (La Marca prima firmataria), della riapertura dei termini per riavere la cittadinanza ai discendenti dell’ex impero austro-ungarico per i quali si è usato un trattamento più restrittivo rispetto, ad esempio, a coloro che si trovavano nei territori dell’ex Jugoslavia (Porta primo firmatario), ai nati in Italia, figli di almeno un genitore italiano, che hanno perso la cittadinanza in seguito a espatrio, per cause non direttamente imputabili a loro stessi o per motivi di lavoro, tutti soggetti che riacquisterebbero la cittadinanza italiana facendone espressa richiesta al consolato competente (Nissoli prima firmataria). Analoghe posizioni al Senato, firmatario Giacobbe.
I parlamentari emendatori, peraltro fin dal primo momento, si sono sempre dichiarati assolutamente favorevoli al testo unificato per accelerare la concessione della cittadinanza ai minori degli stranieri in linea con gli altri partner europei, in un momento assolutamente drammatico e di cocente attualità per il Vecchio Continente.
Ma la Commissione Affari Costituzionali, proprio qualche giorno addietro, ha deciso di non modificare il testo unificato di iniziativa popolare riguardante la cittadinanza ai minori figli di stranieri residenti e di non accogliere tutti gli altri emendamenti, compresi quelli dei parlamentari eletti all’estero.
Una doccia fredda per tutti. Si attendeva una soluzione positiva a istanze che si trascinano da 15 anni, con le promesse non mantenute di ben cinque Governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Le speranze erano forti per la presenza di un Governo rinnovatore e di grande movimento che delle riforme fa la sua ragione politica. Ottimismo dovuto altresì ai segnali positivi di ripresa e di crescita del Paese che avrebbero potuto fugare ogni preoccupazione sull’adozione della legge. Sicilia Mondo del presidente catanese Domanico Azzia è stata vicina ai deputati ed al loro difficile impegno parlamentare. A Loro esprime apprezzamento e gratitudine. Certamente un diverso sostegno mediatico da parte dell’associazionismo di emigrazione, delle rappresentanze istituzionali e del loro elettorato avrebbe dato ai deputati eletti all’estero più peso politico nello scenario parlamentare e partitico perennemente conflittuale. Il rigetto degli emendamenti da parte della Commissione Affari Costituzionali ha formalizzato di fatto una nuova emarginazione, cioè quella degli italiani senza Italia. Negare la cittadinanza al connazionale che la richiede avendola perduta non per colpa propria, significa colpirlo profondamente nei suoi affetti e nei suoi sentimenti, ferirlo nell’orgoglio ed in quell’amore alla appartenenza mai dismesso, amplificato dalla lontananza. Non essere più cittadino italiano lo fa sentire doppiamente straniero nella società di insediamento. Tutte ragioni umane ed etiche che non hanno avuto peso nella Commissione parlamentare nonostante la tradizionale cultura umanistica e di civiltà del nostro Paese, che privilegia la centralità dell’uomo. Certamente la politica corrente è ingenerosa nei confronti degli italiani che vivono all’estero. Diversamente da quello che avviene nei partners e paesi avanzati in materia di cittadinanza. Per la civiltà occidentale, infatti, negare la restituzione della cittadinanza del Paese dove è nato a chi la ha perduta, è considerata violazione del diritto della persona umana.